sabato 23 novembre 2019

72 gradi di separazione

TITOLO: WA - La via giapponese all'armonia
AUTORE: Laura Imai Messina
EDIZIONE: Vallardi
PAGINE: 356
VERSIONE LETTA: cartacea 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9



Per cominciare a parlare di questo libro, bisogna parlare per forza del proprio rapporto con il Giappone, con questo Paese grande (anche se piccolo), affollato (anche se ordinato), misterioso (anche se rivelato). Perché chi legge questo saggio non lo fa a caso, almeno nel 95% dei casi: lo ha comprato di proposito, perché già ha sentito il richiamo del Sol Levante, che sia da anni o da pochi giorni. Fatto sta che se il Giappone chiama, non si può non rispondere. E in questo libro, con queste 72 parole, che sono quante le stagioni giapponesi nell'antico calendario, troviamo non solo l'interpretazione di comportamenti e idee che ci sono lontanissimi, ma anche la possibilità di un viaggio da compiere in noi stessi, verso il cuore di quello che siamo.
Perché dico che non si legge a caso? Perché, se una persona non ha mai provato un interesse specifico per il Giappone e la sua cultura (a ogni livello), non riuscirebbe ad apprezzarlo in pieno, al di là della scrittura molto elegante o di alcune frasi "da citazione".

Io mi reputo un'appassionata di tutto ciò che riguarda il Giappone: dalla cultura pop alla letteratura, dall'architettura alla religione, dalla lingua alla filosofia; anzi, a volte ammetto di andare persino al di là della semplice passione, divento proprio una classica fangirl. Quando ci sono stata la prima volta, dieci anni fa, ero la classica occidentale ignorante, piena di meraviglia e ammirazione sì, ma le esprimevo in maniera completamente errata e persino offensiva. Tornandoci, il mese scorso, l'ho apprezzato di più, perché io stessa ne sapevo di più.
Ma non avevo ancora letto questo libro.
Perché?
Il motivo è il mio difetto spesso emerso dalle pagine del blog, che ancora non ho imparato a correggere: sono una piccola snob. E' dall'anno scorso, anno di uscita del libro, che ci giro intorno quando vado in libreria, lo prendo, osservo la copertina (non l'ho mai aperto) e lo rimetto a posto, rimandando l'acquisto. Perché? Perché non mi fidavo. Ho un problema di fiducia con gli scrittori italiani (chiedo venia per questo).

Ma le cose che ti sono destinate trovano sempre il modo di arrivare a te.

Io e la mia dolce metà andiamo a mangiare spessissimo (almeno una volta a settimana) in un ristorante di cucina giapponese tradizionale; ci piace tantissimo (oltre la cucina in sé) il posto, l'atmosfera che si respira appena si varca la soglia e la gentilezza dei proprietari e dei camerieri (che ormai hanno imparato a conoscerci!!), quel non-so-che di perfettamente giapponese che a noi fa impazzire 💜. Parlando con la proprietaria, ci ha chiesto com'era andato il nostro viaggio in Giappone e, nello specifico, cos'è che ci era piaciuto tanto. La risposta non è facile e infatti ho balbettato qualcosa a proposito dell'atmosfera e del modo di fare delle persone, ma non riuscivo a essere più specifica. Alla fine ho rinunciato e ho detto "Non te lo so spiegare, è una sensazione che non posso dire a parole". Allora lei si è allontanata un momento ed è tornata con questo libro. Me l'ha prestato e finalmente l'ho letto. Ieri siamo tornate al ristorante, mi mancavano ancora una quarantina di pagine alla fine, però le ho detto che mi era piaciuto tantissimo e che gliel'avrei restituito la prossima volta. Era stupita che l'avessi già letto, e in effetti avrei voluto gustarmelo di più anch'io, ma tanto ho già deciso che lo comprerò appena torno in libreria: è il classico libro che una volta finito non vedi l'ora di rileggere.
Con un linguaggio semplice ma elegante, onesto e chiaro, questo saggio ti spiega il Giappone. Le sue contraddizioni, le sue tradizioni, i suoi comportamenti. La sua ideologia.
A partire dal titolo "Wa", quell'armonia che un giapponese considererebbe sacrilego infrangere, quale che ne sia il prezzo. Nonostante venga più volte ripetuto che non bisogna fare confronti con le altre culture, perché non è una gara, non posso fare a meno di pensare a quanto l'occidentale, noi, ne risultiamo distrutti. Il modo di vivere giapponese, la sua filosofia di vita (anche quando non sa di averne una), sono nettamente superiori alla nostra. E non lo dico perché odio il mio Paese o perché voglio fare la filo-nipponica a tutti i costi; chiunque andando in Giappone può constatarlo: se le cose funzionano così bene lì e qui no (questo è innegabile), un motivo dovrà pur esserci. E se fosse tutto racchiuso nel loro comportamento, nella loro gentilezza, nel loro considerarsi prima "tutti" e poi "uno"? Non si tratta di intelligenza, quella non è una loro prerogativa. Ma è una sorta di "spirito civico" che noi non abbiamo, un considerare propria ogni cosa e quindi averne cura. Quando accadono catastrofi naturali come terremoti e tsunami, ci stupiamo sempre dell'efficienza di quel popolo silenzioso. Perché non imparare? Cos'è che ci impedisce di essere come loro? Possibile che siamo così radicati nell'errore che non riusciamo a correggerlo? Evidentemente sì.

Sarebbe bello imparare a guardare il mondo con "positività", capire quali battaglie combattere (pochissime e sempre a poco a poco) e quali no, costruire un rapporto a poco a poco, facendo piccoli ma inesorabili passi verso quella fiducia indistruttibile, curarsi delle cose come ci si cura di sé, liberarsi del superfluo in silenzio ma con gioia, chiedere perdono e dire grazie  sentendoli davvero, imparare la pazienza e rimanere "meravigliati" come bambini.
Leggere questo libro fa riflettere e insegna che non è mai troppo tardi. Ogni giorno, ogni minuto può essere quello buono per cambiare e migliorarsi. E allora perché non subito?

Vorrei che tutti leggessero questo libro, ma vorrei che non lo leggesse nessuno perché ci ho trovato tantissimo di me e delle mie speranze.
Ma i giapponesi insegnano che bisogna condividere, quindi: leggetelo!!

Anarchic Rain

lunedì 4 novembre 2019

Persone, maschere e spaventapasseri. Una storia personale dagli anni '60 ad oggi

TITOLO: In una sola persona
AUTORE: John Irving
EDIZIONE: BUR
PAGINE: 552
VERSIONE LETTA: cartacea 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 8 e 1/2



Ho comprato questo libro a metà dell'estate, ne avevo sentito parlare molto tempo fa e mi incuriosiva il tema. È un libro classificabile come letteratura LGBTI, ma non è un libro per tutti.

A me è piaciuto un sacco, l'ho letto in due giorni, ma ieri sera ho avuto molta difficoltà quando ha iniziato a parlare del decennio 85-95, anzi, quando ha iniziato a fare la telecronaca delle morti per AIDS di quel periodo. Ci vuole coraggio a scrivere di quello. Coraggio e dolcezza, e mi sembra che a Irving non difetti nessuno dei due.

Come dice un personaggio alla fine del libro, in questo libro si parla di gay, lesbiche, bisessuali, trans ed etero come se tutti fossero "normali". E la verità che emerge è che è proprio così.
Se non fosse un libro così crudo, lo consiglierei come lettura di narrativa per le superiori. Ma forse è troppo. O forse mi ricordo delle mie superiori mentre oggi, chissà, è diverso.
Non lo so.
A me sembra che non cambi poi di molto la gente.

Quantomeno oggi se ne parla.

Il linguaggio di Irving è sboccato ma non in modo invadente (tranne quando vuole realmente esserlo) e sono rarissimi i momenti delicati, ma sono lì, come perle in un'ostrica: bisogna essere molto fortunati e saperli cogliere.
L'amore del protagonista per Miss Frost o per Larry, la "strana coppia" formata da Mr Bovary e da suo padre, l'amicizia incredibilmente forte come l'acciaio tra lui e Elaine.

Non mancano i momenti scanzonato, ma sono ancora di meno di quelli dolci e sono concentrati soprattutto nel rapporto di Billy con il nonno e lo zio. Due personaggi, per quanto mi riguarda, grandiosi anche se compaiono come secondari. In effetti è da loro che partono gli stimoli che aiutano Billy a crescere.
Da loro più che dai suoi genitori...il padre desaparecido e la madre con un sacco di turbe non risolte.
Ma il primo grande amore di Billy avrà su di lui un'influenza non solo potentissima, ma anche duratura. Saranno le prime parole che Miss Frost gli rivolge a chiudere (in bellezza e coerenza) il libro.

Non dimentichiamo che tutto il libro è anche una delle più grandi storie d'amore tra un essere umano e la letteratura: mi ha fatto venir voglia di rileggermi tutti i classici che già amo e tutto il teatro di Shakespeare!!

Forse più di tutto mi è piaciuto il senso di completezza che ho provato all'ultima parola, ma in realtà tutta la storia mi ha assolutamente coinvolta, anzi, mi ha avvolta come in una coperta di Linus, i  cui ho potuto essere al sicuro per un po'. E forse un pizzico di quella sicurezza me lo porterò dentro perché ormai è parte di me.

Lo consiglio?
Domanda difficile. Solo se si è pronti a un'immersione totale e a volte dolorosa in un mondo che per molto tempo è stato considerato di serie Z. O non considerato affatto.

Anarchic Rain


venerdì 1 novembre 2019

Ne sentivamo il bisogno? No, non direi proprio, André.

TITOLO: Cercami
AUTORE: André Aciman
EDIZIONE: Guanda
PAGINE: 278
VERSIONE LETTA: cartacea
VALUTAZIONE IN DECIMI: 2

Penserete che sono una persona crudele. Penserete che stia esagerando. Penserete che non capisco nulla.
Può essere.
Ma vi racconto com'è andata.
Attenzione spoiler su entrambi i libri.

Era una normale giornata lavorativa, quando mi prendo una piccola pausa. Mi metto per inerzia a sbirciare instagram e vedo la notizia: il giorno prima (28/10) è uscito il sequel di Call Me By Your Name, il mio libro del 2018. Un libro che come sapete ho amato, ho letto e riletto, ho visto il film, ho ascoltato l'audiolibro, ho comprato la colonna sonora. Insomma, uno dei miei libri preferiti.
Un libro che, come chi l'ha letto saprà, ha una fine. Una fine che può non piacere a tutti (a me sì), ma una fine. Il racconto dell'estate dei diciassette anni di Elio si conclude con un salto temporale di vent'anni.

Poi, qualche settimana fa, vengo a sapere del sequel. Ho letto la notizia distrattamente, sotto choc. Non avevo capito che era praticamente in stampa. Quindi quando ho letto che era in libreria per poco non ci rimanevo secca. Appena uscita da lavoro, sono andata a "controllare".
Che ne so, magari era uno scherzo ben architettato.
No. Niente scherzi.
L'ho preso, ho guardato la copertina in cerca di un senso di vergogna (che non ho trovato) o di scuse (nemmeno), l'ho girato, ho letto il retro e ho deciso di fare una cosa che non ho mai fatto.
Sono scesa al piano inferiore, dove so che ci sono delle poltrone per i clienti e mentre scendevo ho preso una decisione: se le poltrone fossero state occupate (e di solito lo sono), me ne sarei andata con il libro, altrimenti mi sarei seduta e l'avrei letto.
Delle due, una era libera.
Mi sono seduta.
L'ho letto.
Ho avuto un mancamento quasi fisico.

Allora, piccola premessa: quello che penso di qualsiasi libro (in particolare di quelli che mi piacciono) è che se uno nasce figlio unico, non deve per forza avere un fratellastro dopo anni.
CMBYN è nato più di dieci anni fa e ovviamente era un prodotto finito. Un prodotto stupendo. Solo perché ora c'è stato il boom e tutto lo hanno amato (anche solo grazie al film, nella maggioranza dei casi) non è che devi riesumarlo e cercare di farci altri soldi sopra.
Porcomondo.

Veniamo al libro in sé. E' scritto bene? Certo, ci mancherebbe. La storia è piacevole? A tratti sì. Allora qual è il problema? Il problema è che le riesumazioni non riportano mai in vita l'originale. Quello che voglio dire è che se avesse scritto questo libro con altri nomi, altri luoghi e senza riferimenti al suo altro figlio, nessuno avrebbe potuto dire nulla. Neppure io. Anzi, a lasciare al lettore il compito di sovrapporre le due storie ci avrebbe guadagnato di più. In dignità, se non altro.

Ma, se ancora tutto questo non bastasse, ecco che arrivano le discordanze: quello che viene raccontato in questo sequel si scontra violentemente con l'ultimo capitolo di CMBYN. Ovviamente per esigenze di trama, le cose sono diverse da come ci sono state raccontate.
ALLORA NON LE RI-RACCONTARE!!!
Ok, scusate lo sfogo...mi sono lasciata andare.

Avrebbe dovuto lasciare in pace Elio e Oliver. Loro avevano già avuto tutto quello che potevano avere. Non avrebbero potuto avere un'altra occasione, perché nessuno dei due sarebbe stato in grado di chiederla! Non sarebbe stato coerente con il loro carattere e con la loro storia...che era perfetta così, un primo amore da matti, che rimane addosso una vita, ma che non può essere vissuto per svariati motivi. E VA BENE COSì! Non bisogna cercare di forzare le cose.
Se fosse stato destino che Elio e Oliver sarebbero dovuti finire insieme, l'avrebbero fatto nel primo memoir. Più di dieci anni fa!
Ripeto: non si riesumano cadaveri di dieci anni solo perché il pubblico li ha appena iniziati ad apprezzare.

So benissimo che questa mia opinione sarà impopolare e che tutti diranno che era giusto farli finire insieme, ma a me non è mai fregato nulla di quello che pensa la maggioranza.

Sarebbe stato bello se fossero finiti insieme? Certo! Ma non è successo, per cui facciamocene una ragione. L'autore per primo (visto che l'ha scritto lui).

Anarchic Rain

martedì 9 luglio 2019

Come una vita insignificante può invece significare tutto

TITOLO: Stoner
AUTORE: John Williams
EDIZIONE: Fazi
PAGINE: 334
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 10

Un uomo.
La sua vita.
Senza scossoni.



Questo è Stoner, un romanzo straordinario.

No, non sono ironica. Questo romanzo è davvero straordinario pur non parlando di nulla di straordinario. Semplicemente la vita di William, insegnante universitario di letteratura, uomo timido, marito deluso, padre meraviglioso (almeno per un breve periodo), fino alla morte.
Potrebbe essere la vita di molti. Di un insegnante reale sicuramente, ho rivisto moltissimo di mia madre in quest'uomo.
Stoner nasce destinato a diventare un contadino (istruito, i suoi lo mandano all'università per studiare agraria e mettere a frutto il sapere per migliorare la loro condizione), ma durante il suo primo anno si innamora (per puro caso) della letteratura. E cambiare corso di studi è l'unica cosa della sua vita che conta e mai conterà, l'unica cosa che gli procurerà vero piacere e soddisfazione (almeno in brevi quanto meravigliosi momenti).
Sceglie sua moglie, è vero, abbastanza a prima vista, ma purtroppo si rivelerà un matrimonio infelice. Unica cosa buona che ne viene fuori è sua figlia, ma purtroppo viene "guastata" dalla madre non appena questa si accorge che William la ama più di quanto abbia mai amato lei (o qualsiasi altra persona).
Fortunatamente sotto questa "campana di sfiga" (cit. Grazia) trova due amici un po' strani ma leali (di cui uno purtroppo muore in guerra) e una donna stupenda (almeno intellettualmente parlando) con la quale però non potrà mai avere più di una breve e intensa relazione, a causa delle sue vicissitudini accademiche.

Se proprio dovessi essere costretta a scegliere il capitolo che mi è piaciuto di più, direi senza ombra di dubbio l'ultimo: sono le ultime impressioni di un uomo che muore.
Io non so come John Williams abbia fatto, ma giuro che non ho mai letto pagine più belle e delicate di quelle ultime. Come fai a descrivere una morte, se è l'unica cosa di cui non puoi fare due volte l'esperienza? Ripeto, io non lo so. Ma so che se mai qualcuno è stato in grado di descrivere il momento della morte di una persona, questo è John Williams. E non lo ringrazierò mai abbastanza per questo.

Il mio primo commento appena finito di leggere è stato: mi sento come se non avessi più niente da leggere. Assurdo eh? Eppure la forza di questo libro te lo fa credere, ti fa desiderare di leggere solo questo per il resto della tua misera vita.

Poi ho riflettuto un po'.
La sua straordinarietà sta proprio nella sua insignificanza: non succedendogli nulla che lo contraddistingua, è facilissimo per il lettore operare una specie di "astrazione" e farne una figura universale. La sua vita diventa la vita di tutti, anche la tua (che non sei un'insegnante, che non fai le sue scelte, che non vivi la sua vita, ma tifi per lui con tutta te stessa) e si crea quella cosa meravigliosa che non tutti sono in grado di provare: empatia.

Non vi ho convinto nemmeno un po' a leggerlo?
Naaaaa, non ci credo.

Anarchic Rain

lunedì 1 luglio 2019

Quando l'amore è maledetto e la disperazione è profonda, cosa ci salverà?

TITOLO: Bag of bones
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Scribner
PAGINE: 516
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9-

Compared to the dullest human being actually walking about on the face of the earth and casting his shadow there, the most brilliantly drawn character in a novel is but a bag of bones.


Sono sempre senza parole quando finisco di leggere questo libro. Questa credo sia la mia terza volta (prima in inglese) e di nuovo ho sperato che qualcosa cambiasse, che non fosse più come è, ma fosse diventato qualcosa di nuovo. Fa sempre male arrivare quasi alla fine e leggere la parte più triste.

Per tutto il libro il senso di inevitabilità è palpabile, ti soffoca quasi. Ed è questa sensazione che ti ricorda la Torre. Non c'è nessun riferimento in particolare, niente che possa rimandare chiaramente all'Opus Magnum di King, eppure la Torre c'è, pervade le pagine una ad una ed è il senso del Ka, in tutta la sua Potenza.

Any good marriage is secret territory, a necessary white space on society's map. What others don't know about it is what makes it yours.

Mucchio d'ossa è un libro sull'elaborazione del lutto. Mike perde sua moglie all'apice del loro amore e non riesce a farsene una ragione. Apparentemente continua a vivere, ma dentro è bloccato. Altro che blocco dello scrittore. Blocco della persona, lo chiamerei.
Mike riuscirà a trovare un'altra ragione per vivere, ma solo dopo aver sistemato gli ultimi affari sospesi di Jo, sua moglie.

Ovviamente il tutto condito dal tocco di King, quindi questi affari sospesi hanno a che fare con una casa stregata, ma questa è solo la sottotrama.

La trama è che una persona in lutto, non importa quanto tempo impieghi, prima o poi tornerà a vivere. E secondo me già questo sarebbe un messaggio stupendo da solo.

Ci sono poi tutti gli ingredienti che ti fanno amare King: una bambina superiore alla media, un fantasma tormentato, una casa stregata, profondità di ogni personaggio (fondamentale secondo me il custode di Mike, Bill Dean), atmosfere da sogno (o incubo), realtà assottigliata.

Gli anni '90 di King segnano la sua migliore produzione continuativa. Non ne ha sbagliato mezzo!

Leggete questo piccolo gioiello, e tenete i fazzoletti a portata di mano.

Anarchic Rain

mercoledì 19 giugno 2019

Dal genio di King, due libri-specchio ossia la stessa storia in due mondi differenti

TITOLO: Desperation
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Hodder&Stoughton
PAGINE: 706
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7 e mezzo

TITOLO: The Regulators
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Hodder&Stoughton
PAGINE: 334
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7 e mezzo

Due libri particolari, nati insieme ma con due autori diversi in copertina, con gli stessi personaggi ma a ruoli completamente opposti, con la stessa storia ma narrata in modi complementari.
Due libri come uno specchio: il Caos che vuole impossessarsi di un piccolo borgo/singolo quartiere impossessandosi di un adulto/di un bambino.
L'orrore provocato da quell'adulto vs la lucida follia scatenatasi attraverso il bambino.



Tak è il Male. Anzi, uno dei vassalli del Male, un vampiro che succhia energia vitale (come Atropos di Insomnia o come It che si nutre delle nostre paure).
Tak in Desperation è nel corpo di Entragian, un poliziotto locale, a cui fa sterminare la popolazione (già esigua) del suo paese e prendere prigionieri proprio le persone di cui invece dovrebbe liberarsi, perché pericolose per lui e i suoi piani.
In Regulators prende possesso del corpo di Seth, unico personaggio che non si trova anche in Desperation, è usa la sua fantasia di bambino (autistico) per uccidere tutto l'isolato, o almeno tentare di.
È proprio qui che c'è una delle immagini più agghiaccianti del libro: vi ricordate quando da piccoli siedevate per terra e giocavatea farvi girare le macchinine intorno, una a destra e una a sinistra? Ecco, dopo un po' che si legge, ci si rende conto che è esattamente il movimento delle camionette dei Motokops. Ed è logico, essendo la mente di Tak essenzialmente quella di Seth.

In entrambi i libri ci sono personaggi che mi sono piaciuti molto e altri meno: i due protagonisti di Desperation sono David e Johnny, ma li ho trovati un po' troppo stereotipati. David ha undici anni, è, molto intelligente ma, a causa di un incidente occorso al suo migliore amico, é diventato un fervente religioso. Ho sentito troppo l'influenza di questa religione per tutto il libro, mi ha dato un po' fastidio. Avrei attribuito il merito della risoluzione alla sola intelligenza di David, invece di mescolarci Dio, la punizione, il do ut des, il sacrificio e compagnia cristiana.
Johnny è il tipico scrittore in cerca di una seconda opportunità (o terza o decima) e ovviamente l'avrà.
Cynthia e Steve mi sono piaciuti molto nella loro semplicità, nel loro adattarsi alla situazione sfruttandone ogni possibile spiraglio. Anche aggrappandosi l'uno all'altra. Non dimentichiamoci che Cynthia è stata una comparsa di Rose Madder.
Invece in Regulators una bellissima sorpresa è stata Audrey. Già in Desperation era abbastanza interessante, ma qui è stata sfruttata al massimo della sua potenzialità. Il rapporto con suo fratello prima e suo nipote dopo: un'esperienza molto coinvolgente. Una donna forte e pronta ad andare in pezzi, intelligente e spaventata, dolce e arrabbiata. Sono felice che King abbia deciso di analizzarla più approfonditamente.

Più in generale c'è tutto King: amicizia, lealtà, coraggio, destino (Ka), l'eterna lotta tra il Bene e il Male, il sacrificio, il riscatto. Il ka-tet (più in Desperation in realtà). La lettura in ordine cronologico ti permette di apprezzare al massimo King a 360°, di vedere una continuità e una coerenza che sono strabilianti se si pensa all'arco di tempo in cui i suoi libri sono stati scritti.
E a proposito di archi temporali, questi due libri sono stati pubblicati esattamente a metà tra il 1974 (anno di prima pubblicazione di Carrie) e il 2019. Adoro queste cose!!

In definitiva mi è piaciuto più Desperation, ma di molto poco, l'ho trovato più completo e uniforme pur con i suoi difetti. Ma Regulators ha un cuore che non ti aspetti e questo me l'ha fatto rivalutare tantissimo.

Li consiglio entrambi, ma leggete prima Desperation, credo sia questo l'ordine giusto, altrimenti potrebbero andare perse molte emozioni.

Anarchic Rain

lunedì 17 giugno 2019

Special editions and where to find them

Chi di noi lettori ha mai lasciato gli occhi, il cuore e i soldi su un'edizione particolare? Su un libro che è stato ristampato per un anniversario o per altri motivi e quindi ci tenta pur avendone già una copia?
La domanda si risponde da sola: tutti.

Ecco, vorrei oggi celebrare questa piccola, meravigliosa, inspiegabile mania, facendovi vedere le mie special editions. 

Inizio con la più recente, l'edizione speciale per i 200 anni di Frankenstein:


Proprio due giorni fa l'ho vista in libreria e non ce l'ho fatta a lasciarla lì. Il mio cuoricino di piccola maniaca delle edizioni non me l'ha permesso. 

Proseguiamo con i miei mini-libri: 


I tre Shakespeare li ho presi al Globe di Londra, mentre Wilde me l'ha regalato una mia amica (il meraviglioso "l'ho visto e ho pensato a te" <3 ). Mi piacciono molto, li trovo adorabili!

Non poteva mancare un'edizione di riguardo per il mio poeta preferito, quello che per primo mi ha fatto appassionare a questa forma d'arte:


Eh sì, proprio lui, Giacomino Leopardi. Lo Zibaldone è quanto di più bello Giacomo abbia mai concepito. A prima vista un'accozzaglia di roba sparsa, senza alcun senso, eppure lì dentro c'è tutta l'anima, tutta la filosofia, tutto il cuore di un uomo che è stato frainteso tutta la vita. Lo adoro.

Per la serie "copertine splendide e dove trovarle", abbiamo i leatherbound inglesi, edizioni meravigliose che vorrei tutte, ma problemi di spazio e denaro ancora mi hanno trattenuta; per ora vi mostro solo questa, il resto magari un'altra volta:


Al mio ultimo compleanno mi hanno regalato queste nuove edizioni Baobab (un po' fuori misura, in effetti) di due libri che amo molto:


Sono anche illustrate, che posso volere di più?!

In omaggio a uno dei miti della mia prima giovinezza, ho comprato l'anno scorso questo volume pop-up davvero impressionante:



Sempre dedicato a Shakespeare, invece, e sempre comprato al Globe (ma in un viaggio successivo), c'è questo volume rilegato in pelle e impaginato in folio della sua opera omnia:


 È stata un'impresa portarlo in valigia, credetemi sulla parola!

Per nessuno è un segreto il mio sviscerato amore e la mia insana idolatria per Alessandro Magno; non potevo lasciarmi sfuggire l'opera più completa che lo riguarda (ironico, un po', visto che manca ancora l'ultimo volume...che attendo da più di due anni ormai...ma ho fede eh):


Stasera invece ho comprato (sentendomi un filino in colpa, ma solo un filino) questa nuova edizione con cofanetto del mio libro preferito (sì, a pari merito con I Fratelli Karamazov):


Chiudo come ho iniziato, con un volume uscito nel bicentenario della sua nascita, uno dei miei libri preferiti:


Queste sono le edizioni di cui vado più fiera. So che se ne aggiungeranno inevitabilmente altre...vi terrò aggiornati!

Anarchic Rain 

mercoledì 12 giugno 2019

Per alcuni il braccio della morte è punizione, per altri liberazione

TITOLO: The Green Mile
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Pocket books
PAGINE: 536
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 8 e mezzo

Sometimes there is absolutely no difference at all between salvation and damnation. 



Nella Valle di Lacrime.
Eccoci qua, sono arrivata a uno dei libri più struggenti dello zio King.
Struggente? È così che si dice secondo voi quando si parla di qualcosa che vi ha catturato, strappato il cuore, incenerito l'anima e riso di voi nel mentre?
Esagero, dite?
I don't think so.

Ok, scherzi a parte.
La trama di questo libro dovrebbe essere ben nota a parecchi di voi, se non a tutti: anni Trenta in America, penitenziario di Cold Mountain, braccio E, ossia braccio della morte, ossia il miglio verde.
In  fondo al quale, implacabile, Old Sparky. Che attende.
Il libro è un racconto nel racconto,  una delle tecniche preferite da King e in cui, onestamente, dà il meglio di sé.
Raccontato in prima persona dal protagonista, Boss Edgecombe, è a prima vista un monologo tutto fatti e niente introspezione; a una lettura più attenta, invece, è semplicemente il manifesto più incredibile che sia mai stato scritto contro la pena di morte, che a noi sembra Medioevo, ma in moltissimi Stati americani purtroppo è ancora la realtà.

All'esecuzione capitale non c'è rimedio.

La storia nuda e cruda è composta da tanti pezzi di un puzzle che va componendosi pian piano davanti ai nostri occhi: Paul, i suoi amici e colleghi, Percy (stupido e cattivo, un connubio che a una guardia carceraria fa più male che bene), John Coffey (come la bevanda, ma scritto in modo diverso), Wild Will, Eduard Delacroix.
E ovviamente Mr Jingle.
Ognuno all'inizio è esattamente un singolo pezzo di puzzle, ognuno con la sua vita, le sue gioie, i suoi problemi, il suo mondo; mentre le pagine volano e le parole si rincorrono, i pezzi si uniscono creando, alla fine, ancora una volta, Vita.
Vita perduta: quella delle gemelle, di Coffey, di Wild Bill, di Percy.
Vita guadagnata: quella di Paul e di Mr Jingle, di Melanie, ma anche di tutti coloro che hanno assistito al miracolo (e non intendo solo i miracoli che John fa, ma quello che è lui stesso).

Sometimes we find others in that darkness, and sometimes we lose them there again. 

È una storia che parla d'amore, non quello prosaico tra due innamorati, ma amore per l'umanità intera. Non è nemmeno un amore ingenuo: si sa che le persone che non meritano questo amore esistono, e sono proprio loro quelle che vanno eliminate. Il problema è individuarle. Non è mica semplice, non siamo mica tutti come John.
Lì è l'inghippo.

Ancora una volta, quello che mi ha colpito tantissimo è stata la capacità incredibile di King di descrivere i cattivi: non solo la follia psichiatrica di Wild Hill, ma la cattiveria (che nasconde e nasce dalla sua omosessualità repressa) di Percy. Allo stesso tempo riesce a farti affezionare a un condannato a morte (Delacroix) che la prigione ha domato e forse redento.

Dovete leggere o rileggere questo libro: vi farà male, un male fisico, è vi sembrerà insopportabile. Ma sarà necessario: il processo che porta alla comprensione delle cose che contano è sempre doloroso.
Ma, dolore a parte, questo libro è un gioiello e non bisogna lasciarselo scappare.

Anarchic Rain

martedì 30 aprile 2019

Un'altra Donna che mira al riscatto di sè e lo ottiene

TITOLO: Rose Madder
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Hodder&Stoughton
PAGINE: 595
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7 e mezzo

Rose Madder conclude una immaginaria trilogia che è iniziata con Gerald's Game e continuata con Dolores Claiborne. Una trilogia di Donne con la D maiuscola, con la Vita maiuscola.
Un altro romanzo attualissimo per temi e modalità di scrittura.
Un'altra storia di violenza ed emancipazione.
Al contrario dei primi due però, l'elemento sovrannaturale è molto sviluppato, soprattutto nella seconda parte del libro.



Come anche per Jessie e Dolores, per Rosie (non ancora Real) la vita è un inferno, grazie soprattutto all'amorevole interessamento del marito. Purtroppo non stiamo parlando solo di un avvocato con il pallino del sado-maso o di un isolano ignorante e violento, ma di un poliziotto con tanto di distintivo, uno che la legge dovrebbe farla rispettare e non infrangere.
E magari fuori è anche così, ma non appena si chiude la porta di casa sua, Norman Daniels diventa un marito abusivo, uno a cui piace tantissimo mordere.
Dopo quattordici anni di soprusi, botte, morsi, aborti e silenzio, Rosie decide che quella non è più Vita, non lo è mai stata, che la macchia sul lenzuolo, grande come un centesimo, è l'ultima.

E se ne va.

Si ricostruisce a fatica una vita, una dignità, uno spazio personale (che non ha mai avuto), aiutata dalle donne (anche loro abusate) di un'associazione chiamata Daughters and Sisters.
Sembra incredibile, ma per la prima volta ha amiche, un lavoro e, udite udite, anche un bravo ragazzo che spasima per lei.
Ma King è bastardo, lo sappiamo tutti. Non la lascia in pace, nonostante quei quattordici anni sarebbero un incubo già sufficiente per almeno tre o quattro vite...no, lui deve esagerare: Norman non si dà pace per essersi fatto scappare Rosie e la insegue come un segugio...quello che è in effetti.

Ma quando la trova, Rosie Real non è sola, non più.
La scia di sangue che Norman si è lasciato dietro non la rende più debole, anzi, fa finalmente sbocciare in lei quel sentimento di rabbia e odio che non ha mai saputo di covare.
Rosie ha uno spasimante, Bill, che per quanto incredibile possa sembrarle la ama davvero (ricambiato), farebbe qualsiasi cosa per lei. Si sono conosciuti nel negozio di pegni di Bill (di suo padre, in effetti), quando lei ha comprato d'impulso un quadro, Rose Madder.

La storia che coinvolge il quadro si può definire un racconto nel racconto: quello principale è sulla liberazione di Rosie, sulla sua rinascita più precisamente; il secondo è molto più oscuro, metaforico, e vede protagonista Rose Madder, una donna senza età che incarna il Potere del Femminino, la sua astuzia, la sua lealtà, la sua forza vendicatrice.
Rose Madder è una creatura di luce e tenebra, ambivalente, capace di curare amorevolmente un neonato (una neonata) e di uccidere senza pietà un Norman troppo sicuro di sé, entrambe le cose con l'aiuto di Rosie Real che sembra una specie di catalizzatore.
Ed è grazie a Rose Madder che l'altra Rose riesce a "evolvere", a diventare davvero se stessa.

Ma il libro non finisce qui.

Mi dispiace svelare il finale, non lo farò, dovete leggerlo, ma una cosa devo sottolinearla: è uno dei finali migliori di King. L'albero, la volpe, Rosie Real (ma real  davvero, con i pro e i contro, non una vita da favola, che non esiste): rispettare le proprie radici pur tentando di raggiungere il cielo, vivere con intelligenza e un pizzico di astuzia (ma anche di rischio) per vivere con pienezza e arrivare alla fine dicendo: "Aaaah, me la sono proprio goduta!"

Grazie, zio, per questa perla.

Anarchic Rain

domenica 14 aprile 2019

Rileggere un libro che non ti era piaciuto e scoprire un capolavoro: fatto

TITOLO: Insomnia
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Hodder&Stoughton
PAGINE: 916
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9+

Life is both random and on purpose, although not in equal measure. 




Penso che questa frase riassuma perfettamente questo gioiello kinghiano.
Ho finito di leggerlo in questo istante e forse non dovrei scrivere un commento così a caldo, ma non posso farne a meno.
Avevo iniziato a leggerlo quando avevo 15 anni, ma allora ero troppo piccola probabilmente per apprezzarlo. Infatti lo mollai a metà, circa. Un protagonista di 70 e passa anni non poteva avere nessuna attrattiva per me. Inoltre, non avevo mai letto La Torre Nera.
Dio, se penso a quello che stavo per perdermi!!
Prima di parlare del libro, vi do un consiglio controcorrente: leggetelo solo DOPO aver letto la Torre, non prima come il buonsenso suggerirebbe. È un'emozione unica e non potrete provarla se non farete come vi ho detto.

Ralph Roberts non è un uomo speciale, almeno non subito.
Ma lo diventerà ben presto quando comincerà a soffrire d'insonnia e a scoprire l'Iperrealtà, come la chiama lui.
Ma diventare speciali non è un mestiere per tutti e non è sempre un premio. Anzi. Il più delle volte è sacrificio.
In queste 900 pagine ci addentriamo del mondo delle aure, di personaggi strani e spesso spaventosi, che guidano Ralph nella sua missione.
Ma qual è la missione? Perché entrambi i mondi sembrano impazziti?

È qui che entra in gioco il vero genio di King: ha scritto questo libro nel 1993, tipo 20 anni prima del finale della sua mastodontica saga, eppure tutto quadra, tutto torna, il ka è una ruota e gira sempre in avanti. Mai indietro.

Si può scrivere un romanzo intero, così lungo e articolato, propedeutico al finale di una saga non ancora scritta? Evidentemente sì,  cari i miei constant readers, o almeno King lo può fare senza battere ciglio.
Non esagero se vi dico che, dopo questo, mr King per me può fare quello che vuole.

Ammetto di aver pianto alla fine, cioè tipo proprio frignato, ma non solo lì: nel bel mezzo del nulla spunta Mike Hanlon, il nostro amato Guardiano, che compie un atto di generosità così disinteressato, che non puoi fare a meno di pensare che non è minimamente cambiato dopo gli avvenimenti del 1985; quasi in sordina spunta persino un clone di Stan the Man, appassionato ornitologo; in un altro caso di puro masochismo, spunta Gage Creed, povero bambino innocente; quando meno te lo aspetti ti piazza lì una descrizione della Torre che ti lascia senza fiato. Poi arriva Pat, con il suo disegno e ti si spezza il cuore definitivamente.

Ma la cosa meravigliosa del libro non sono (solo) gli innumerevoli riferimenti alla Torre, a Pet sematary o a It (santocielo, è ambientato a Derry, in questo caso Crimson King è semplicemente una delle mille facce di Pennywise).
La cosa meravigliosa è come tutto si sposi alla perfezione, come niente sembra forzato o infilato lì apposta. Tutto fila, non ci sono smagliature nella tela perfettamente intessuta. Lo zio ce l'ha fatta ancora una volta. Ci ha regalato la Vita, quella vera, triste, felice, votata al sacrificio, entusiasta. Tutta insieme.

E ci offre anche una riflessione attualissima (leggendolo senza saper niente, sembra scritto ieri) su temi come aborto, violenza domestica e diritti civili.
Non sto scherzando, eh, ne parla davvero. Sono temi molto cari al suo piccolo cuore democratico, evidentemente.

Leggete questo libro. Leggetelo dopo la saga della Torre Nera. Lasciatevi emozionare da Ralph e dalla sua graduale scoperta degli altri piani dell'esistenza. E se doveste nel frattempo incominciare a dormire un po' meno e a vedere strani colori intorno alle persone, non preoccupatevi...tanto non potrete farci nulla.

Anarchic Rain

sabato 16 marzo 2019

Piccoli incubi, come quelli che facciamo tutti ogni tanto

TITOLO: Nightmares and Dreamscapes
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Hodder&Stoughton
PAGINE: 992
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7 e mezzo

Altro giro, altro regalo. La terza raccolta di racconti dello zio.



Andiamo a vederli uno per uno:

Dolan's Cadillac: una storia di vendetta in pieno stile Bachman. Un mafioso gli ammazza la moglie e lui aspetta. Aspetta. Aspetta. È, quando la situazione si fa più propizia, colpisce. Non solo si vendica secondo il vecchio occhio per occhio ma lo condisce con l'umiliazione completa del nemico.

The End of the Whole Mess: geniale. Un racconto post-apocalittico sul momento pre-apocalittico da parte di uno dei principali responsabili. A volte, ma solo a volte, l'uomo non è cattivo in sé, é solo poco lungimirante. Incredibilmente realistico.

Suffer the Little Children: un puro racconto in stile Poe. Un orrore sussurrato, che non viene spiegato mai ma non è meno terrificante. Poi capirai, quando si tratta di bambini io comincio a tremare a priori, mi fanno troppa paura!!

The Night Flier: forse uno dei racconti più famosi della raccolta e di King in generale, un racconto di vampiri in chiave un po' moderna. A me è piaciuto tantissimo!

Popsy: anche i vampiri sono dei teneroni in fondo. È qui ci ritroviamo a fare il tifo (anche se all'inizio non lo sappiamo) proprio per uno di loro! Questo racconto mi è rimasto dentro per più di un motivo.

It grows on you: non mi è piaciuto. Mi dispiace molto dirlo, ero intrigata dal titolo, ma non sono proprio entrata nella storia. Forse non l'ho nemmeno capita, in effetti. Vero che ho dovuto rileggerla in italiano perché c'erano troppi termini che non conoscevo...ma non mi ha lasciato nulla.

Chattery teeth: sai già dove andrà a parare, ma te lo godi comunque!

Dedication: cosa non farebbe una madre per suo figlio? Dolores insegna.

The Moving Finger: come dice King stesso, un racconto a cui non devi chiedere spiegazioni. Lo leggi e ti piace oppure no. A me è piaciuto!!

You know they got a hell of a band: diciamo la verità, ci abbiamo pensato tutti prima o poi a dove sono tutti quei meravigliosi cantanti/musicisti morti troppo presto. Se da qualche parte ancora strimpellano e cantano. Ma siamo proprio sicuri che sia un bel posto? King dice di no.

Home delivery: molto poco classico racconto sugli zombie. A me stavolta non ha convinto. Secondo me gli zombie non sono nelle corde dello zio (vedi anche Cell...).

Rainy season: un racconto deliziosamente horror, tipicamente nonsense e stilisticamente perfetto. Altro che piaghe d'Egitto!!

My Pretty Pony: questo è King. Un anziano che non si comporta come gli altri, un bambino sveglio, tutta la fatalità dello zio. Una bellissima riflessione sul tempo che passa, condita da un molto moderno "abbasso i bulli!". Ok, mi sono capita da sola, dovete leggerlo!

Sorry, right number: l'ispirazione è presa sicuramente da una delle mille storie da campeggio  di quelle che racconti con la torcia puntata sotto la faccia, tipo quella della vecchia che ama i puzzle e mentre sta facendo l'ultimo si accorge che rappresenta lei in quel momento...

The Ten o'clock People: tipica storia di mostri che non può assolutamente mancare in una raccolta come questa!!

Crouch End: il gioiellino di questa raccolta, il collegamento immancabile con la Torre. Attenti a Crouch End, dove le sottilità esistono e gli angoli non sono come te li aspetti.

The House on Maple Street: non so perché ma quando inizia a parlare dei cavi negli angoli mi è subito venuta in mente Vera Donovan, ma li chiama in modo diverso: per Vera erano "wires", per i ragazzi Bradbury "cables".

The fifth quarter: un racconto d'avventura, se così si può dire. Una caccia al tesoro che però è dedicata alla mappa per trovarlo. Non entusiasmante, ma scorrevole.

The doctor's case: cosa ne penso di Sherlock e Watson raccontati da King? Apprezzo il tentativo, e l'omaggio, ma no, non lo trovo nelle sue corde!

Umney's Last Case: strano. Non so definirlo in altro modo, strano ma con un finale da paura! Perlomeno, quello che all'inizio sembrava il vero finale me lo aspettavo abbastanza, ma poi... colpo di scena! Il finale verissimo è arrivato e mi è piaciuto un sacco! La scrittura mi è sembrata un po' diversa dal solito, ho ritrovato King solo nell'ultimo capitolo. Forse la stranezza è dovuta a questo...

Head down&Brooklyn August: come sempre, non sono assolutamente in grado di parlare del baseball (che trovo abbastanza noioso quando descritto in un libro) e delle cosiddette poesie di King. Mi rifiuto.

In questa raccolta abbondano le citazioni, a se stesso e ai suoi miti (Lovecraft e Bradbury su tutti) e, anche se non credo si possa paragonare a Scheletri per qualità, è comunque una delle migliori raccolte di racconti horror in circolazione. Sono sicura di averlo già detto, ma King è una garanzia. Sia che tu voglia un bacio veloce al buio, sia che tu voglia fare l'amore sotto la pioggia.
E con questo libro ho capito una grande verità: a me King piace da matti quando parla di vampiri. È vero che mi piace anche in molte altre cose, ma secondo me quando parla delle creature della notte per eccellenza dà davvero il meglio di sé.

Quindi leggetelo, che siate o no veri constant readers. Magari un racconto ogni tanto, come per riprendere fiato (o farvelo mozzare).

Anarchic Rain 

giovedì 21 febbraio 2019

Un romanzo di formazione dark e ironico, come Gaiman solo sa costruire

TITOLO: Il figlio del cimitero
AUTORE: Neil Gaiman
EDIZIONE: Mondadori
PAGINE: 345
VERSIONE LETTA: cartaceo
VALUTAZIONE IN DECIMI: 8 e mezzo

Sei ignorante, ragazzino, disse la signorina Lupescu, ciò è male. Ma sei pure soddisfatto della tua ignoranza e questo è ancora peggio.




Come sempre, quando mi sento così bene dopo aver letto un libro, mi viene da chiedermi perché cavolo non l'ho letto prima. Ma non c'è una risposta a questa domanda. I libri sono come la vita, capitano anche se ti sembra di essere tu a sceglierli.
Io anni fa lessi Il cimitero senza lapidi, un libro di racconti sempre di Gaiman e uno di questi era La lapide della strega, che guarda caso è un capitolo di questo romanzo. Mi piacque allora, ma leggendo ora i retroscena e i..."post-scena", trovo il tutto ancora più bello.

Ora, si sa che a me Gaiman piace, ma questo libro è incantevole, devo dirvelo. E' la storia di una crescita, di un bambino che diventa ragazzo e che si incammina per diventare un uomo.
Il tutto condito con la fantasia meravigliosamente dark di questo scrittore inglese.

L'unico mio rimpianto è di non averlo letto in lingua originale (ho semplicemente dimenticato di avere la versione in lingua sul kindle, quanto sono stordita!), però me lo sono goduto lo stesso, altroché.

Nobody Owens (Bod, per gli amici) è un ragazzino che ti rimane nel cuore, cresciuto in un cimitero da fantasmi&affini, tenuto al sicuro (e all'oscuro) da un pericolo mortale: quando la sua famiglia (umana) è stata assassinata, in realtà il vero obiettivo era lui, che però si salvò per miracolo e fu portato da una "signora a cavallo" nel cimitero e affidato ai suoi abitanti. Bod divenne così uno di loro, tra una lezione di "svanimento" e una di "infestazione onirica".
Ma Bod è molto più di quello che sembra: all'apparenza è un bambino magro, con i capelli grigio topo e vestito di un sudario; in realtà è curiosissimo, ha un'intelligenza spiccata ed è molto sensibile. Ha piena fiducia negli altri, ama il suo tutore (il misterioso Silas) come fosse suo padre e stringe facilmente amicizia.

Il libro è una serie di (dis)avventure che gli capitano apparentemente per caso, ma che lo porteranno dritto al cuore del segreto che si pensava sepolto insieme alla sua famiglia e al suo "altro" nome, fino alla "battaglia" finale che lo porterà al riscatto e alla tanto sognata libertà.
Libertà di vivere.

Menzione super-speciale per uno dei capitoli, Macabradanza. Una (mini)storia nella storia da brivido, piena di poesia, atmosfere fumose e incontri "impossibili" al chiaro di luna. Una danza magica, che riunisce i due mondi, solo per quella notte. E' stato intenso leggere quel passaggio, non potrei definirlo in altro modo.

Insomma, una favola. Dark, piena di fantasmi, cimiteri, strane creature e Vita. Quella Vera, prima negata e poi conquistata.

Grazie, Neil. Ti ringrazio come una figlia ringrazierebbe un padre degno di questo nome.

Anarchic Rain

domenica 17 febbraio 2019

Continua l'incursione di King nell'universo femminile con un altro personaggio memorabile

TITOLO: Dolores Claiborne
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Signet Book
PAGINE: 384
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9-

Forse qualcuno ricorderà "L'ultima eclissi", film degli anni '90 abbastanza famoso, se non altro per la presenza di un cast che annovera Kathy Bates e Jennifer Jason-Leigh. Ebbene, scommetto che la maggior parte di quelli che ricordano il film non sa che è tratto da uno spettacolare libro di Stephen King. Eh, sì, cari, chiudete la bocca che entrano le mosche e credeteci.
E' sempre la storia di Stand by me e Le ali della libertà. E pure di Il miglio verde. Nessuno lo sa.

Invece.

Invece il Re è un grandissimo scrittore a trecentosessanta gradi, anche trecentoottanta quando ci si mette.
E questo libro (se non altri) lo dimostra.



Dolores è un lungo monologo di una donna che racconta la sua vita alla polizia, perché accusata di un delitto che non solo non ha commesso, ma non è nemmeno avvenuto. Ma ce n'è un altro (quello di cui non è stata mai accusata) che adesso deve venir fuori, è il suo tempo e Dolores ha l'intelligenza di capirlo.
Lei, proprio lei che non ha mai studiato davvero, che è vissuta su una piccola isola dove tutti si conoscono, dove non è possibile mantenere un segreto, che nella sua estrema umiltà ha sopportato tanto, per sé e per i suoi figli.

The road to hell's paved with good intentions, they say, and I know it's true. I know it from bitter experience. What I don't know is why...why it is that trying to do good so often leads to ill. That's for wider heads than mine, I guess.

Una Donna con la D maiuscola.
Questo libro affronta tematiche attualissime, perché al suo centro c'è la violenza domestica.
Di un marito contro la moglie e di un padre verso la figlia.

What's any marriage like? I guess they are all different ways, but there ain't one of them thet's what it looks like from the outside, I can tell you that. What people see of a married life and what actually goes on inside it are usually not much more than kissin cousins. SOmetimes that's awful, and sometimes it's funny, but usually it's like all the other parts of life...both things at the same time.

Ci fa conoscere anche tre donne stupende, diversissime tra loro, ma legate in molti più modi di quanti se ne possano immaginare all'inizio.
Dolores Claiborne è l'assoluta protagonista, ma non tanto da gettar ombra sulle altre due, Vera Donovan (che è la sua datrice di lavoro, dell'omicidio della quale è accusata) e Selena St George (che è sua figlia).
Vera è una donna ricca e come tutte le donne ricche che si rispettino ha un caratteraccio. Sbraita a destra e sinistra, vuole le cose esattamente come le vuole e non ammette errori (o meglio, dopo il secondo errore per lei sei out). Una personcina non proprio flessibile, ecco. Però due cose non è: una sciocca e un'ingiusta.
Per qualche motivo Dolores le piace e posso immaginarne il perché: è una gran lavoratrice, non ha paura di faticare e fondamentalmente è onesta, esattamente come Vera. Penso che Dolores sia una di quelle persone che se trovassero un portafogli con tipo 3000 dollari lo restituirebbero senza aver nemmeno pensato di toccare un centesimo. Ma come tutte le persone oneste fino al midollo, ciò che mal sopportano sono le ingiustizie, soprattutto verso le persone che amano. Per questo Dolores è stata in grado di sopportare il marito Joe per sedici anni. Lo faceva per i suoi figli, perché pensava probabilmente che per loro sarebbe stato peggio vivere senza un padre che con un padre come lui. Ma quando Joe ha toccato Selena, l'adorata figlia di Dolores, lei ha capito una verità incontrovertibile: un uomo è quello che è, non cambia e non migliora con il tempo, anzi. Ma su un'isola in cui tutti sanno tutto, come si fa a nascondere qualcosa? La risposta le si presenta abbastanza facile: quando tutti guardano da un'altra parte.
E quel 20 luglio 1963 è la data fatidica. Tutti guarderanno l'eclissi totale di sole e lei sarà libera di fare altro.

Everything I did, I did for love...the love a natural mother feels for her children. That's the strongest love there is in the world, and it's the deadliest. There's no bitch on earth like a mother frightened for her kids.

Ed è vero, è stato solo l'amore per i suoi bambini a spingerla a quel gesto estremo.
Così come anni prima, anche Vera ne aveva commesso uno.

Sometimes you have to be a high-riding bitch to survive, she says. Sometimes being a bitch is all a woman has to hold onto.

Parola di Vera Donovan, bitch #1.
Però penso che Dolores sia più "umana", più "calda" di Vera, che era una donna rigida e dritta come un palo del telegrafo. Anche nei rapporti con i figli si vede la differenza tra le due donne.
I figli dei Donovan erano viziati e stupidi, mentre i figli di Dolores hanno giudizio nel cervello e lo dimostra il fatto che nonostante nessuno avrebbe puntato un centesimo su di loro, sono proprio quelli che ce l'hanno fatta (almeno due di loro): Joe jr è un rispettato uomo politico a Boston (se non ricordo male), mentre Selena è una giornalista-scrittrice di successo nella Grande Mela. Nonostante fossero gli ultimi su Little Tall Island.

Una volta andati loro, a Dolores non è rimasta che Vera. Giorno e notte con lei, a farle da balia, specialmente dopo i tre ictus, a litigare nei momenti di lucidità, a cullarla durante i suoi incubi e le sue allucinazioni (wires e dust bunnies su tutti). E' emblematico che Vera sia stata la persona che le ha suggerito di sbarazzarsi del marito, quando ha saputo quello che stava succedendo a Selena. Ci fa capire il profondo rapporto che le lega nonostante la differenza di ruoli e classe sociale.

Ma quando Vera muore, in seguito a uno dei suoi attacchi, Dolores sente che è arrivato il momento di parlare. Nemmeno tanto per scagionarsi, quanto per alleggerire finalmente la sua coscienza, per scrollarsi di dosso quel segreto, quel nero segreto che non ha mai confessato ad alta voce a nessuno. La morte di Vera le fa capire quanto sia stanca di tutto e quanto poco le importi di quello che le potrà succedere. In parte sicuramente la decisione è dovuta alle minacce dei suoi vicini che la credono responsabile di omicidio. Ma in gran parte è solo stanchezza.

Vera was right when she said that sometimes a woman has to be a bitch to survive; but being a bitch is hard work, I'll tell you it is, n I was so tired.

Leggetelo. E' un libro stupendo, scritto in maniera impeccabile da un King in piena forma.
Cercate se potete di leggerlo dopo Gerald's Game, perché i due sono collegati dall'eclissi, che provoca in Dolores una specie di visione di Jessie da bambina, forse perché quello che le sta succedendo è così simile a quello che è successo anche a Selena.

Leggetelo, non posso dire altro.

Anarchic Rain

mercoledì 13 febbraio 2019

Inizia così una immaginaria trilogia di donne che tirano fuori il Vero Coraggio

TITOLO: Gerald's Game
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Viking
PAGINE: 332
VERSIONE LETTA: cartacea
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7+

Come ormai sapete, la mia idea è (ri)leggere King in ordine cronologico e in lingua originale. Stavolta il mio viaggio mi ha riportato nel 1992, in casa Burlingame, da Jessie (e le sue personalità), mentre si batte per la sua vita. E Jessie, come altri personaggi kinghiani, sarà presto consapevole che i mostri più spaventosi non sono quelli che vivono là fuori.



Prima delle innumerevoli sfumature di nausea a cui E.L.James ci ha abituato, c'era King.
Come sempre precursore inimitabile di mode che col tempo e le troppe pagine perdono sapore, lo zio ci regala un libro avvincente e sorprendente, quattrocento pagine di puro piacere delirante.
Jessie è sposata e il suo matrimonio non è né sorprendentemente buono, né pericolosamente cattivo. Anzi, recentemente suo marito ha trovato il modo di "ravvivare" la scena in camera da letto, ricorrendo a innocenti giochini con i foulard...che poi sono diventati manette.
Niente di male, fin qui, anzi, direi una cosa normale.

I due decidono di passare un weekend nella loro casa al lago e, ovviamente, Gerald tira fuori le manette. Jessie è riluttante ma se le fa mettere.
Salvo poi pentirsene quasi subito. Non riuscendo a convincere suo marito a toglierle, mentre lui le sta strisciando addosso per concludere quello che avevano (quasi) iniziato, Jessie gli punta i piedi sul petto e spinge.
Da qui (praticamente da pagina 10), inizia il suo incubo. Sì, perché Gerald non si accontenta di cadere e, che so, farsi male a una gamba o alla schiena, imprecando e rialzandosi acciaccato. No. Lui muore d'infarto.
Jessie capisce che, se non riesce a togliersi quelle manette in un modo o nell'altro, farà una brutta fine, in quella casa isolata al lago, fuori stagione. E con qualche ospite indesiderato di troppo.

Questa premessa non è che lo spunto da cui prende inizio il vero libro. Sì, perché noi fedeli lettori sappiamo fin troppo bene che quello che sembra una storia come un'altra, in realtà, è solo un pretesto. Un pretesto per scavare a fondo nell'animo umano, per andare a cercare i veri mostri (non il cane affamato che strappa brandelli di carne da Gerald), quelli che si nascondono bene, negli angoli bui della nostra mente, oppure quelli che noi nascondiamo bene, negli anfratti più remoti della nostra psiche.
E Jessie di mostro ne ha uno. Bello grosso anche. Un insospettabile. Il mostro dell'eclissi totale di sole del 1963. Suo padre.

E niente. King ogni volta riesce a stupirmi. Non mi capacito mai di come sappia descrivere fin troppo bene, fin troppo verosimilmente, ogni aspetto/sentimento/situazione che coinvolgono gli esseri umani. Insomma, la domanda fondamentale che ogni volta mi faccio è: ma come fa a entrare nella testa di tutti i suoi personaggi? A imitare i comportamenti di qualsiasi eroe o antieroe così bene che sembra di averli lì?
Le tre personalità di Jessie, per esempio: Good Wife Burlingame (la Brava Mogliettina), Punkin (Frugolino) e Ruth (la sua vecchia amica del college). Sono la stessa persona eppure ragionano ognuna in maniera diversa, litigando anche tra loro, ma sempre aiutandosi a vicenda (hanno bisogno l'una dell'altra, in fondo).
Inoltre attraverso i ricordi di Jessie, non solo riusciamo a capire perfettamente che tipo di persona fossero Gerald o i genitori o Ruth; ma li vediamo vivi davanti a noi, quasi a recitare la loro vita, ognuno con i suoi pregi, difetti, modo di pensare e agire in base alle situazioni.

Non ricordavo tutto dalla prima lettura, ma una cosa invece mi è rimasta nitida in mente, un pensiero che ho avuto appena voltata l'ultima pagina: una storia di quattrocento pagine su una donna ammanettata a letto poteva scriverla così bene solo King. Questo libro non è mai noioso, per quanto possa sembrare difficile crederlo.
Seguire i pensieri di Jessie da quando si rende conto che suo marito è davvero morto, che lei è completamente da sola, è come salire su una giostra che gira vorticosamente e sembra non trovare mai un punto di arrivo...finché improvvisamente lo trova.
In una situazione che sembra senza speranza, Jessie trova il coraggio di affrontare il suo dolore più segreto e proprio attraverso quel dolore, incredibilmente, troverà la giusta intuizione.

Come al solito, la domanda è sempre la stessa, tirate le somme: vale la pena leggere questo libro? Sì, lo penso sul serio. Forse il suo messaggio è un po' troppo ingenuo (in fondo a ogni dolore c'è una speranza di nuova vita), ma io penso che sia sempre efficace. Al momento giusto potrebbe persino aiutare una persona in difficoltà.

Anarchic Rain

sabato 19 gennaio 2019

19 Gennaio 1809 - 19 Gennaio 2019: duecentodieci anni di Edgar Allan Poe

Nell'anniversario della nascita di uno dei più grandi scrittori di sempre, non potevo assolutamente lasciarmi scappare l'occasione di parlarne, soprattutto considerando quanto importante è stato nella mia "carriera" di lettrice. Grazie a lui ho conosciuto uno dei miei generi preferiti, ho conosciuto atmosfere malinconiche eppure attraenti, ho conosciuto l'amore non corrisposto e il dolore che provoca. Grazie a lui ho aggiunto un tassello al mio piacere di leggere.


Ho conosciuto Poe a 12 anni, grazie a una mia compagna di scuola, ma il mio primo libro (che non è nella foto qui sopra perché è distrutto e me ne vergogno abbastanza) l'ho comprato il 18 settembre del 1996, quando ne avevo 14, anzi tre giorni prima del mio compleanno.
Nell'antologia di scuola, avevo già letto Il corvo, la sua poesia più famosa, e quindi quel primo libro fu proprio la raccolta completa delle sue poesie con il testo a fronte in inglese.

Mi ricordo ancora oggi la prima che mi colpì tantissimo: Ad Elena. Mi colpì talmente tanto che gli ultimi versi me li sono tatuati, un po' come monito di vita:

Always write first things uppermost in thy heart


Sempre scriver prima quel che nel cuore hai più in alto

Grazie a lui, ho scoperto cos'è un acrostico, ho scoperto la bellezza di una poesia che può essere tenera, aulica, cupa e terrificante, ma anche dolorosa ed eternamente triste.

Poi, in un bellissimo giorno, mi hanno regalato il libro rosso che vedete in foto, che raccoglie l'opera omnia, e ho letto i racconti. Ne fui profondamente presa.
Il gatto neroIl cuore rivelatore, Berenice, La cassa oblunga, Il ritratto ovale, La maschera della Morte Rossa e, su tutti, La caduta di Casa Usher. Non riuscivo a credere che qualcuno potesse scrivere in quel modo magnetico, quasi magico.
Ovviamente quando sei adolescente la prima cosa è l'emulazione, e infatti tutti i racconti che scrissi in quel periodo erano proprio "gotici" sulla falsariga di Poe. Fortunatamente ho smesso di scriverne, ma la passione per questo grande e sfortunato personaggio è rimasta, insieme a una profonda ammirazione e alla tristezza per quella sua vita infelice.
Almeno nel passato, sembra che ogni "genio" artistico abbia dovuto soffrire le pene dell'inferno e non essere riconosciuto dai suoi contemporanei, per poi essere riscoperto in tempi relativamente recenti. Mi sono sempre chiesta come mai. Probabilmente la ragione è sempre la stessa: la paura. Non abbiamo solo paura di ciò che non conosciamo, ma forse soprattutto di ciò che non riusciamo a comprendere. 

In questa chiacchierata, vorrei iniziare dalle cose facili, ossia i racconti. Facili nel senso che non ho mai avuto dubbi su quale fosse il mio preferito, tra tutti: La caduta di Casa Usher
E ora che ci penso, la mia prima chiacchierata su questo blog è stata su un libro di uno scrittore abbastanza famoso (Robert McCammon) che è il "sequel" proprio di questo magnifico racconto. Metto la parola tra virgolette perché è chiaro come il sole che NON PUO' esserci un reale sequel al racconto originale.
Cos'è che mi ha colpito in questo e non in altri, tanto da farmelo preferire a mani basse?
La so!
Il senso di ineluttabile tragedia.
Fin dalla prima riga, si capisce che non ci sarà un lieto fine (sopravvalutatissimo, in my humble opinion di piccola satana), che tutto si ridurrà in polvere davanti ai nostri occhi e che non potremo farci proprio nulla. Questa immensa e oscura casa, lo stranissimo proprietario, la sua ancor più strana sorella: una simbiosi catastrofica ma attraente, distruttiva eppure magnetica.
E' un racconto di crescente follia fino al finale in un certo senso catartico: la casa crolla portando con sé gli ultimi discendenti di quella sfortunata famiglia.
Poe ha uno stile che a un lettore moderno può risultare "pomposo" e forse pesante, invece a me piace moltissimo, sia per la ricercatezza dei termini sia per la composizione della frase, spesso lasciata in sospeso, appesa sull'orlo di un precipizio.

Non posso mettermi a parlare di tutti i suoi racconti, perciò passiamo al difficile: le sue poesie.
Dico difficile perché non riesco mai a capire quale mi piace di più, ce ne sono troppe che mi commuovono, che mi fanno battere il cuore, che mi tolgono il respiro. Non fatemi scegliere.
Non parlerò de Il corvo, perché quella la conoscete tutti, non ha bisogno di presentazioni. Vi dico solo che il libro popup è bellissimo e, se potete, compratelo, ne vale la pena.
Invece vorrei segnalarvi Al Aaraaf, una poesia abbastanza lunga, forse anche un po' di difficile comprensione (sicuramente una prima lettura non è sufficiente per respirarne la vera grandezza) con riferimenti storici (o pseudo-storici) a volte evidenti, altre meno, ma comunque affascinanti. Lo stesso titolo è forse il rimando a una stella intravista nel 1500, più luminosa di Giove, e poi scomparsa.
E poi: Un sogno dentro un sogno (una delle più citate), La valle dell'inquietudine, Lenore, Una valentina, Per Annie e Annabel Lee.

In conclusione, quello che posso dirvi, in tutta onestà, è di leggere Poe. Se siete adolescenti va ancora meglio, perché siete ancora un po' "vergini" rispetto ai libri e magari vi sapete stupire di più.
A me ha aperto mondi interi.

Anarchic Rain

martedì 1 gennaio 2019

Morgan Lost di Claudio Chiaverotti

Quando guardi nell'abisso, l'abisso guarda in te. (Nietzsche)



Morgan Lost è una sorpresa per me. Non sono una fan del fumetto italiano, se si esclude Dylan Dog, perché non  mi piacciono le "storie infinite ", come quelle dei fumetti americani. Ma DyD soddisfaceva benissimo il mio bisogno di creepyness di adolescente appassionata di horror e ho iniziato a leggere ML proprio perché mi ricordava l'indagatore dell'incubo.
Già che ci sono, vediamo le affinità: Morgan è un uomo affascinante, con un passato tormentato che cerca di dimenticare lasciandosi coinvolgere in casi più tormentati; non ha un vero e proprio Groucho vicino, ma la sua amica e confidente dottoressa Pandora Stillman, che gli ha insegnato l'arte del profiler; non un commissario Bloch ma Regina Dolarhyde, una poliziotta in carne e dalla battuta pronta (che lo chiama bell'uomo invece di old boy); un amore perduto e ovviamente incubi.

La prima serie è composta da 24 numeri e ognuna è una storia a sé, con alcuni particolari che creano un filo conduttore.
Il primo numero, L'uomo dell'ultima notte, è perfetto: ci introduce al protagonista, un cacciatore di taglie, ci fa intravedere il suo passato, il suo presente, i suoi amici, le sue abitudini. Con un finale da paura, che ti cattura immediatamente, che ti fa venir voglia di leggere subito il numero successivo.
Morgan è daltonico quindi noi lettori vediamo il mondo così come lo vede lui, grigio con particolari rossi. Soffre d'insonnia da quando la sua vita è cambiata. Diventare un cacciatore di taglie è una conseguenza naturale dopo la tragedia che ha visto protagonista lui ma soprattutto il suo grande amore perduto, Lisbeth. Ha nuovi amici, una nuova casa (dentro un orologio, ironia della sorte), un nuovo lavoro. Il suo hobby, ma forse hobby non è la parola giusta, diciamo il suo rifugio è un cinema che trasmette film horror/splatter che lo aiutano a riflettere o a lasciarsi andare.
Morgan ha i suoi incubi che lo perseguitano: fantasmi dei serial killer che ha ucciso e che si presentano ogni notte a lui, come manifesto delle sue azioni.
Il mondo in cui Morgan vive è un mondo distopico, in cui non è esistita una seconda guerra mondiale, perché la spia Marlene Dietrich ha ucciso quel bastardo di Hitler nel 1937. Ma non è certo un mondo migliore del nostro, forse perché alla fine l'uomo trova sempre il modo per rovinarlo. In questo mondo ci sono le sexy news, in cui la conduttrice si spoglia nuda mentre dà le notizie, oppure il programma con la classifica dei serial killer, in base alla taglia sulle loro teste.
Questo è lo sfondo per ogni singola storia, che nonostante sia autoconclusiva contiene sempre una sottile scia rossa che la collega alla precedente e alla successiva.

La seconda serie, quelle delle "dark novels", è costituita da dieci numeri, e il numero 0 è la storia di Morgan, così come l'abbiamo intravista, ma approfondita (ripresa poi nel numero 9, l'ultimo e forse uno dei più belli di entrambe le stagioni). Sono molto più crude rispetto alla prima serie, Chiaverotti ha osato di più e il filo conduttore non è più solo un filo, ma la trama intera. Una volta finite di leggere le dark, sono certa che non starete nella pelle (come me) e vorrete leggere subito la prossima stagione, ossia le "black novels", in edicola da gennaio. Io le aspetto con trepidazione.

Tralasciando da parte gli ovvi, ossia i personaggi principali, ce ne sono due che mi hanno colpito molto.
Il personaggio femminile (che spero approfondiranno ancora) è Igraine, una cacciatrice di taglie, amica di Morgan. Uno dei numeri è focalizzato su di lei, su chi era prima di diventare quello che è, il suo passato tremendo, il suo dolore quasi atavico. Fortunatamente hanno pensato al suo riscatto, almeno per quanto riguarda la sua infanzia e i suoi scheletri nell'armadio. Adesso dovranno "risolvere" in qualche modo il suo rapporto con Morgan. La trovo affascinante, proprio perché è un miscuglio di fragilità e acciaio.
Il personaggio maschile invece, sorprendentemente, è Smiley. Il piccolo mafioso con le mani in pasta ovunque, con il suo atipico animale domestico, un coccodrillo albino. E' un ometto buffo, egoista, ma sembra affezionato a Morgan, quasi come un fratello maggiore o un padre. Mi è simpatico, nonostante tutto.

In ML ci sono innumerevoli riferimenti alla letteratura di genere, ma non solo. Moltissimi nomi reali sono utilizzati per personaggi fittizi, spesso agli antipodi con i loro originali (Albert Einstein è uno scrittore e il suo romanzo più famoso parla di come Hitler non sia stato ucciso ma abbia provocato effettivamente la seconda guerra mondiale; Terrence Quentin è un regista di culto, esattamente come il "reale" a cui il suo nome è evidentemente ispirato); riferimenti al cinema (adoro la scena-omaggio a Qualcuno volò sul nido del cuculo e quella a Melancholia, due dei miei film preferiti); omaggi ad altri fumetti italiani (mentre Morgan è al cinema, davanti a lui si vedono le inconfondibili sagome di Dylan Dog e Groucho); omaggi a Stephen King, il re dell'horror, fin dal primo numero, con quel "babau" che spaventa Morgan fin da bambino.
E potrei andare avanti per ore.

ML tocca anche temi d'attualità: la pena di morte, lo stalking, il femminicidio, l'inadeguatezza sociale, l'omologazione.
E' inquietante come questa società distopica che non ha ancora conosciuto i social, il cellulare come forma di status symbol (nonostante ci sia già chi si fa i selfie con i cadaveri), rispecchi profondamente la nostra, a un altro livello. E' come se ci dicesse che l'uomo non ha bisogno di nessun device per essere quello che è: una stupida scimmia. In fondo c'era da aspettarselo, evoluzionisticamente parlando: il progresso non serve a migliorarci come umanità, noi siamo gli stessi che a Neanderthal, serve soltanto a darci nuovi metodi e/o spunti di autodistruzione.

L'autore di ML non è solo capace di descrivere ogni situazione nel modo più reale possibile, ma ci offre uno spaccato psicologico da serial killer non indifferente. Un approfondimento del genere che ti coinvolge così tanto, a 360°, è raro, per non dire unico.
Basti pensare a Morgan: è abbastanza semplice (e semplicistico) creare un cacciatore di taglie con un passato tormentato. Ma dargli uno spessore come quello che effettivamente possiede, acquisito via via che i numeri scorrono, non è uno scherzo. Morgan passa da vittima a carnefice, da amante ad amico, da sano a disturbato in un'altalena di ruoli ed emozioni che forse possono sembrare strane o esagerate ad elencarle così in fila, ma leggendole sono perfettamente logiche. E' questa una delle gemme di ML: la coerenza. Nessuno dei personaggi, pur cambiando in base agli eventi, tradisce se stesso, la sua anima più vera e quindi noi li troviamo estremamente verosimili e riusciamo a immedesimarci.

Ultimi ma non ultimi, i disegnatori di ML: bravissimi. Ci sono alcuni che mi sono piaciuti più e altri meno, ma penso sia questione di gusto: chi preferisce un disegno più pulito, chi uno più graffiato, chi uno particolareggiato e chi uno essenziale. Posso solo dire che ce n'è per tutti. L'importante ovviamente è che il disegno rispecchi la natura della storia di base e qui succede sempre.

Non vi racconto trame e sottotrame, sarebbe un delitto, è troppo bello leggerlo e scoprirlo da sé.
Posso solo consigliarvi di prenderlo e lasciarvi catturare da quest'incubo a occhi aperti, da cui sarà bello svegliarsi, alla fine. O forse no.

Anarchic Rain