mercoledì 12 settembre 2018

Libri e settima arte. Parte III: Chiamami col tuo nome

Dopo aver letto il libro almeno otto volte (ho perso il conto, in realtà) sia in italiano sia in inglese, era impossibile lasciarmi sfuggire l'occasione per parlare del film.
Avrei voluto vederlo al cinema, ma purtroppo non è stato possibile.
Dopo settimane passate a vedere video su youtube, interviste al cast e al regista, videorecensioni e chi più ne ha più ne metta, finalmente sono riuscita a vederlo (in lingua originale, ovviamente, mi rifiuto di vederlo mai in italiano).
Fomentata dai video (alcuni bellissimi) e dalla colonna sonora (davvero azzeccata), non vedevo l'ora di gustarmi il prodotto completo.



Invece.
Ahi, ahi.
Invece ho scoperto che quel prodotto era perfetto come video musicale e molto meno che perfetto come prodotto cinematografico. Ci sono rimasta malissimo e all'inizio non sapevo come spiegarmi un contrasto simile! Non poteva essere il confronto con il libro, perché  lo script del film è assolutamente fedele, con tutte le scene che avrebbero dovuto esserci e le poche modifiche fatte assolutamente irrilevanti ai fini della trama. James Ivory non è mica l'ultimo scemo del villaggio! Ha fatto un lavoro magnifico. Non era nemmeno il cambio di scena, dal mare al lago (per questioni di budget, ovviamente, ma comunque non ha modificato troppo lo spirito del libro).
Ma a mente fredda sentivo che mi avvicinavo passo dopo passo al vero Perché.
Alla fine, l'illuminazione.
Gli attori.
Anzi, a dire il vero fino in fondo, un attore.

Elio è interpretato da uno splendido Timothee Chalamet, in un ruolo che sembra disegnato apposta per lui, c'è da chiedersi se Aciman non lo conoscesse prima di scrivere il suo libro! E' un Elio perfetto, non si può che immaginarlo così, anche prima di vedere il film.
Il padre di Elio è la persona fantastica che è nel libro, incarnato da un attore (Michael Stuhlbarg) che ha ancora una volta il physique du role e così sua moglie (Amira Casar).
Il resto è un contorno abbastanza omogeneo, in cui non spicca nessuno ma in cui tutti sono al loro posto.
Come dite? Ho dimenticato qualcuno? Uno dei due protagonisti? Oh, cielo, davvero??
Ok, non so come dirvelo.
A me Armie Hammer non è piaciuto manco per un poco.
Ecco, l'ho detto.
Ma non dico mai niente che non possa spiegare. E ora ve lo spiego.
Non mi ha dato troppo fastidio il fatto che tra Hammer e i ventiquattro anni di Oliver ce ne fossero almeno altri sette in più, avrei potuto farmene una ragione tranquillamente. E' stata la sua piatta espressività a mandarmi in bestia. Oliver ed Elio nel libro sono capaci di comunicare con uno sguardo, con un gesto, un movimento del corpo. Anche quando si fraintendono, è comunque un fraintendimento nato dall'osservazione l'uno dell'altro. Nel film non ho sentito questa chimica, questa reazione esplosiva ogni volta che sono in scena insieme, nel libro facevano scintille, sullo schermo nemmeno il luccichio di una lucciola.
Mi stupisce che chi non abbia letto il libro abbia amato il film, contrariamente a quanto penso di solito, perché oltre che il personaggio di Oliver, anche il montaggio non mi è piaciuto. Mi sono sembrate tutte scene appiccicate tra loro con uno scotch di pessima qualità. Chi non ha letto il libro non può capire la metà del film (secondo me), un po' come succede a chi guarda Il Signore degli Anelli o Harry Potter senza aver letto le serie. Ci si perde qualcosa, non si capiscono tutte le cose che accadono. In questo film, anche se con le dovute proporzioni, mi sembra che accada la stessa cosa.
Quando ho finito di vederlo mi sono sentita molto triste: l'ho visto perfetto per un video su youtube ma assolutamente non degno del cinema. Ci voleva un qualcosa in più (Oliver) che purtroppo è mancato.

Prima di inviare questo post, mi sono riguardata il film. Purtroppo confermo quanto detto.

Ma non mi va di chiudere su una nota negativa, perché il film è abbastanza godibile, seppur non un capolavoro.
La scenografia mi è piaciuta tanto, il lago, i prati infiniti, il casale ristrutturato, le colline. La Natura c'è e la fa da padrona in ogni scena, sembra di sentire la carezza dell'erba, la brezza del vento, la freschezza dell'acqua.
La colonna sonora è stupenda, tanto che l'ho comprata: ci sono alcune canzoni italiane anni '80 che mi fanno nostalgia (in fondo, sono gli anni della mia infanzia!) e quelle originali sono magiche (Futile device e Mistery of love su tutte), rendono davvero l'atmosfera del posto.
Luca Guadagnino ha un occhio eccezionale e si vede.

Anarchic Rain

A mezzanotte ogni cosa assume un significato diverso, una forma più densa...

TITOLO: Four past Midnight
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Hodder&Stoughton
PAGINE: 1008
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7 e mezzo



Altra raccolta di novelle per il Re del Maine, la seconda dopo Different Seasons, che non ha nulla da invidiare a quest'ultima, secondo me, su un piano puramente stilistico.
La differenza è che qui ci sono quattro novelle che possiamo tranquillamente categorizzare come horror, senza nemmeno pensarci su.
Sono belle storie, piacevoli da leggere (spaventosamente piacevoli) e scritte con la mano ferma e puntuale dello zio.

Con un metodo che ormai ho consolidato, vediamole una per una.

I Langolieri: la domanda da cui è partito lo spunto per questa novella è sicuramente "cosa succede al presente quando diventa passato?". Dove va a finire il mondo del "giorno prima"? La risposta è semplice e i nostri protagonisti stanno per scoprirlo (nel peggior modo possibile): il passato viene "ripulito" da una sorta di "spazzino temporale", un'orda incredibile di esseri non demoniaci, non malvagi, che divorano il mondo appena passato.
Leggere l'avventura di questi dieci personaggi il cui aereo viene "dirottato" nel passato il giorno prima di partire per Cracovia in aereo non è stato molto furbo da parte mia! Ma mi ha dato quel brivido in più durante il volo (e durante un bel vuoto d'aria che ha fatto tremare per qualche secondo qualsiasi cosa)!
La cosa che mi è piaciuta di più è stato il ritmo sempre incalzante, che non perdeva mai un colpo, anzi, ne aggiungeva di nuovi; Craig e Dinah sono tra i personaggi più belli che King ha creato in meno pagine: il primo è un uomo che ha più problemi psicologici di quanti se ne possa contare, la seconda una ragazzina di dieci anni cieca che vede meglio di qualsiasi altro superstite dell'aereo.
Il finale è l'unica cosa che lascia perplessi, una trovata un po' ingenua per risolvere la situazione, ma ormai sappiamo benissimo che i finali del Re spesso non sono il motivo per leggere una sua storia (scusa, zio, ma bisogna dirlo!).

Finestra segreta, giardino segreto: il tema del doppio nei romanzi di King è quasi sempre presente, a volte in modo più esplicito (The Dark Half) a volte meno (l'Arnie di Christine). Qui torna protagonista, solo che stavolta non ne siamo consapevoli, almeno non per un po'. Mi è piaciuta moltissimo questa novella, forse è quella che preferisco delle quattro, perché l'approfondimento psicologico di King è ai suoi massimi livelli. Entrare nella mente di una persona che si sta sdoppiando (o si è già sdoppiata) non è cosa di tutti i giorni, non così, non come se sapesse con esattezza matematica quello che succede a una psiche quando si spezza. E' affascinante seguire la discesa di Mort negli inferi mentali autoinflitti. E alla  fine non gliene facciamo una colpa, non si può, così come anche la sua ex-moglie non lo fa. Una persona malata è giustificabile di tutto? Giuridicamente in parte, ma moralmente forse possiamo aumentare la dose.

Il poliziotto della biblioteca: santocielo, quanta strizza mi ha messo questa novella! Se la precedente è quella che mi è piaciuta di più, questa senza dubbio è quella che mi ha fatto più paura! Perché? Perché io ho sempre pensato che la biblioteca fosse un rifugio, un luogo in cui poter stare in pace, con l'unica compagnia dei libri, che sono compagni notoriamente silenziosi e innocui (almeno, all'apparenza). Invece no. King ribalta lo stereotipo della biblioteca di 180°. Quando un essere demoniaco (è possibile considerare Ardelia altrimenti?) prende possesso di una biblioteca quanti orrori ne possono scaturire? Tanti ovviamente, ma lo zio, come sempre, ci ricorda che i peggiori orrori sono quelli umani: così il poliziotto della biblioteca di Sam-bambino diventa l'orrore che lo perseguita da adulto. Ardelia sfrutta il suo passato per soggiogarlo. Ma per fortuna, lo zio ci ricorda anche che la forza per combattere è dentro ognuno di noi, per quanto stanchi o abbattuti o braccati siamo. Ricordarcene è la vera battaglia.

Il fotocane: molto horror e molto King vecchio stampo (erano gli anni '90 in fondo). Una macchina fotografica che riproduce qualcosa che non è davanti all'obiettivo, ma che può saltar fuori e soddisfare la sua sete di morte. Questo è il racconto più debole dei quattro, per me. Kevin è un buon personaggio ma non abbastanza interessante. Insomma alla fine non me ne sarebbe importato nulla se fosse morto (e chissà che non succeda, magari in un'altra novella). Però le pagine sono volate lo stesso, il personaggio migliore è senza dubbio Pop Merrill (anche per le connessioni a vari altri libri di King, in fondo siamo sempre a Castle Rock!).

Da leggere o non leggere? Ovviamente da leggere. Il ritmo di ogni novella e l'indagine psicologica dei personaggi che contraddistingue King sono due ottimi motivi per tuffarsi in queste pagine senza se e senza ma. Sono più di mille ma ne valgono assolutamente la candela!

Anarchic Rain