AUTORE: John Williams
EDIZIONE: Fazi
PAGINE: 334
VERSIONE LETTA: kindle
VALUTAZIONE IN DECIMI: 10
Un uomo.
La sua vita.
Senza scossoni.
Questo è Stoner, un romanzo straordinario.
No, non sono ironica. Questo romanzo è davvero straordinario pur non parlando di nulla di straordinario. Semplicemente la vita di William, insegnante universitario di letteratura, uomo timido, marito deluso, padre meraviglioso (almeno per un breve periodo), fino alla morte.
Potrebbe essere la vita di molti. Di un insegnante reale sicuramente, ho rivisto moltissimo di mia madre in quest'uomo.
Stoner nasce destinato a diventare un contadino (istruito, i suoi lo mandano all'università per studiare agraria e mettere a frutto il sapere per migliorare la loro condizione), ma durante il suo primo anno si innamora (per puro caso) della letteratura. E cambiare corso di studi è l'unica cosa della sua vita che conta e mai conterà, l'unica cosa che gli procurerà vero piacere e soddisfazione (almeno in brevi quanto meravigliosi momenti).
Sceglie sua moglie, è vero, abbastanza a prima vista, ma purtroppo si rivelerà un matrimonio infelice. Unica cosa buona che ne viene fuori è sua figlia, ma purtroppo viene "guastata" dalla madre non appena questa si accorge che William la ama più di quanto abbia mai amato lei (o qualsiasi altra persona).
Fortunatamente sotto questa "campana di sfiga" (cit. Grazia) trova due amici un po' strani ma leali (di cui uno purtroppo muore in guerra) e una donna stupenda (almeno intellettualmente parlando) con la quale però non potrà mai avere più di una breve e intensa relazione, a causa delle sue vicissitudini accademiche.
Se proprio dovessi essere costretta a scegliere il capitolo che mi è piaciuto di più, direi senza ombra di dubbio l'ultimo: sono le ultime impressioni di un uomo che muore.
Io non so come John Williams abbia fatto, ma giuro che non ho mai letto pagine più belle e delicate di quelle ultime. Come fai a descrivere una morte, se è l'unica cosa di cui non puoi fare due volte l'esperienza? Ripeto, io non lo so. Ma so che se mai qualcuno è stato in grado di descrivere il momento della morte di una persona, questo è John Williams. E non lo ringrazierò mai abbastanza per questo.
Il mio primo commento appena finito di leggere è stato: mi sento come se non avessi più niente da leggere. Assurdo eh? Eppure la forza di questo libro te lo fa credere, ti fa desiderare di leggere solo questo per il resto della tua misera vita.
Poi ho riflettuto un po'.
La sua straordinarietà sta proprio nella sua insignificanza: non succedendogli nulla che lo contraddistingua, è facilissimo per il lettore operare una specie di "astrazione" e farne una figura universale. La sua vita diventa la vita di tutti, anche la tua (che non sei un'insegnante, che non fai le sue scelte, che non vivi la sua vita, ma tifi per lui con tutta te stessa) e si crea quella cosa meravigliosa che non tutti sono in grado di provare: empatia.
Non vi ho convinto nemmeno un po' a leggerlo?
Naaaaa, non ci credo.
Anarchic Rain
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