venerdì 31 gennaio 2020

Old Wild West: grumo di sangue su sfondo magnifico

TITOLO: Meridiano di sangue - Blood Meridian or The Evening Redness in the West
AUTORE: Cormac McCarthy
EDIZIONE: Einaudi
PAGINE: 300
VERSIONE LETTA: cartacea
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9



Un uomo non riesce a conoscere la propria mente perché la mente è tutto ciò che ha per conoscerla.

Finora, questo è senza dubbio il libro più crudele e visionario di McCarthy. Lungi da me scoraggiare le persone alla lettura, ma non é davvero un libro per tutti. La violenza totalmente gratuita, le descrizioni dettagliate di massacri e mutilazioni, il clima generale di attesa sanguigna, non sono facili da sopportare e digerire. Chi ci riesce viene compensato da passaggi descrittivi di rara bellezza e perfezione (mi é partita la sviolinata, scusate).
Mentre lo leggevo non riuscivo a non pensare alla Trilogia della Frontiera e infatti é stato scritto sette anni prima. Credo sia una sorta di bozza preparatoria.
Comunque magari tutte le bozze fossero di questo calibro!!
Ho scoperto inoltre solo ieri sera, dopo averlo finito, che è basato su un diario reale, My confessions di Samuel Chamberlain.

Il libro si può dividere in due parti: nella prima, che arriva fino a poco più di metà, McCarthy ci fa entrare nel mondo del Vecchio West più attraverso le descrizioni dei paesaggi che per quello che realmente accade ai personaggi. Essi stessi rimangono come sullo sfondo, nonostante la loro scia di violenza ci venga sbattuta in faccia sin dalla seconda pagina.
Il territorio circostante è la cosa più importante, più viva e sicuramente l'unica cosa bella esistente.

Avanzavano, e le stelle si infittivano e tracciavano archi nel firmamento e andavano a morire dietro le montagne nere come l'inchiostro. Finirono per conoscere bene il cielo di notte. Occhi dell'Occidente che scorrevano costruzioni più geometriche dei nomi loro attribuiti dagli antichi.

Oppure:

Il sole nascente sorprese la luna a ovest, cosicché rimasero uno di fronte all'altra ai due capi della terra, il sole di un bianco incandescente e la luna una pallida replica, come le estremità di un unico tubo la cui curva si perdeva nello spazio e i cui sbocchi infiammati bruciavano mondi invisibili.

Potrei davvero continuare per ore solo a citare le meraviglie descrittive di questo libro. Che sotto sotto è un romanzo di formazione, e questo si avverte di più nella seconda parte.
Il protagonista è The Kid, in italiano "il ragazzo", un quattordicenne solo al mondo che si unisce a una banda fuori di testa di "giustizieri", che vanno in giro per il territorio del Texas/New Mexico/California ad ammazzare senza pietà in teoria gli indigeni, in pratica qualsiasi cosa si muova. È così che fa la conoscenza del Giudice Holden, un albino grosso e glabro che sarà una specie di figura paterna ("Io ho parlato nel deserto per te e per te solo"), crudele, sadica e completamente folle.

Qual è il modo giusto per crescere un figlio? 
Quando sono piccoli, disse il giudice, dovrebbero essere gettati in un pozzo con i cani selvaggi. Dovrebbero essere costretti a indovinare da indizi appropriati dietro quale fra tre porte non si nascondano leoni feroci. [...] Se Dio avesse voluto interferire nella degenerazione dell'umanità, non l'avrebbe già fatto? I lupi selezionano i lupi, amico. Quale altra creatura potrebbe farlo? E la razza umana non è ancora più rapace?

Tra i discorsi apparentemente razionali (ma estremamente violenti nel contenuto) del Giudice, la banda va avanti, lasciandosi dietro una scia insensata di violenza e sangue, fino a che si giunge alla resa dei conti.
Il primo climax arriva quando il ragazzo ha la possibilità di uccidere il giudice ma non lo fa, non volendo forse abbassarsi al suo livello.
Ma anche questa sua "non azione" si ripercuoterà sulla sua vita da allora in poi, una vita apparentemente migliore sotto molti punti di vista, ma anche una vita su cui continuerà ad aleggiare un fantasma oscuro.
Che puntualmente si ripresenterà e finirà la sua opera.

L'unica cosa davvero oscura del libro, nel senso di seriamente incomprensibile, è il brevissimo epilogo. Mezza pagina che non si capisce dove voglia andare a parare, non ha né capo né coda. Bella eh, per carità, un'immagine molto metaforica. Ma di cosa non ho proprio idea. E non solo io. Nessuno l'ha capita, e scommetto che il caro Cormac non la voglia spiegare, altrimenti l'avrebbe resa chiara!!

Il romanzo è scritto con il linguaggio duro e senza fronzoli a cui McCarthy ci ha abituati, ma come si capisce dalle citazioni descrittive anche profondamente poetico. Quello che mi stupisce sempre dei suoi libri è il modo in cui fa sembrare facilissimo descrivere una scena sanguinosa e la riga successiva lo spettacolo meraviglioso della natura. Come se le cose degli uomini riuscissero a turbare solo per un attimo la bellezza del paesaggio e questa senza sforzo ricucisse lo strappo il secondo successivo. L'uomo rappresenta l'imperfezione della natura, ma un'imperfezione non duratura: dopo il suo passaggio si ristabilisce l'ordine vero del mondo.

La Trilogia della Frontiera riprende da dove si interrompe Meridiano di Sangue, con due protagonisti adolescenti che crescono man mano, ma che a differenza di The Kid riescono a farlo in maniera decente, in accordo con la natura.

Se posso consigliarvi, leggete prima questo (se ci riuscite) e poi la Trilogia. Vi accorgerete delle differenza sostanziali tra i due e della maturazione diversa e decisiva dei protagonisti.
Spero non vi facciate troppo male.

Anarchic Rain

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