TITOLO: Pet Sematary
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Sperling&Kupfer
PAGINE: 417
VERSIONE LETTA: cartacea e kindle
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9
Quello che ottieni a qualsiasi costo è tuo, e quello che è tuo prima o poi torna da te.
Parlare di King per me è sempre un piacere, specie quando posso farlo raccontando uno dei libri della mia top 5.
Non vi fate ingannare da tutti gli zombie moderni. Pet è speciale.
Come quasi sempre, il libro inizia bene, con una famiglia felice, in una nuova casa, con tutte le possibilità del mondo davanti.
Louis Creed è un medico appena assunto all'università, Rachel è una casalinga, Ellie è la seienne più adorabile del mondo e Gage è un fagottino di delizia. E poi c'è Winston Churchill, Church, il loro gatto adorato, un pelosone giocherellone.
Appena arrivano nella casa nuova, li aspetta una coppia di anziani che più fantastici non si può, pronti a far loro da genitori (visto che con quelli naturali gli è andata male parecchio), specialmente Jud, un ottantenne con la verve di un sessantenne.
È qui che esplode la tragedia.
Ed è qui che entra in scena King, il pittore di anime.
Partiamo con le domande. Cosa faresti se un tuo caro morisse all'improvviso, troppo presto? Le reazioni sarebbero le più disparate, dipendendo dal carattere della persona coinvolta, ma la maggior parte comunque andrebbe sull'autostrada della disperazione.
Qui entra in gioco il primo lampo genio di King: se ne avessi la possibilità, riporteresti in vita il suddetto caro, a qualsiasi condizione? Anche qui, andando per probabilità, la maggior parte di noi probabilmente non lo farebbe, per paura o per religione o per altro. Ma qualcuno invece scommetto che ci proverebbe.
E qui parte il secondo lampo di genio (superiore al primo) del Re: se ti rendessi conto che quella che è tornata indietro non è la persona che ricordavi, saresti disposto a rimediare al tuo errore di giudizio?
In questo romanzo ci sono entrambi i tipi di persone: Jud, che da ragazzino riportò indietro il suo cane grazie al cimitero Micmac, imparò la lezione quando scoprì l'effetto che aveva su persone morte da troppo tempo (qualche giorno) e quando morì sua moglie non ci pensò proprio a tentare l'impossibile. Louis, invece, non avendo sperimentato di persona quell'orrore, non si era mai potuto rendere conto della devastazione che avrebbe causato e tentò l'esperimento prima con il suo gatto, poi con suo figlio. In ultimo con sua moglie.
Purtroppo, in entrambi i casi, ciò che torna non è più quello che era e la sua vita tranquilla subisce un'inversione a 360°.
Ancora una volta siamo al cospetto di un libro-gioiello, che scava nelle profondità dell'animo umano, riuscendo a trasportarci in un tranquillo paese universitario del Maine, nella vita di un medico bravo ma non ambizioso e in quella di tutta la sua famiglia. Quando Church viene investito (fatalità?) soffriamo perché sappiamo che la piccola Ellie ne sarà distrutta e quando Louis tenta l'esperimento avvertiamo il sentore di tragedia, così come lui avverte il puzzo di putrefazione del gatto ritornato.
Quando muore la moglie di Jud ci chiediamo se lui tenterà di riportarla con sé e forse tiriamo un sospiro di sollievo e uno di delusione quando non lo fa.
Ma Louis non è Jud e la morte di Gage lo sconvolge così tanto che tenta l'impossibile. Ed è con un brivido che leggiamo di quella notte passata a scavare nel cimitero Micmac, con i fantasmi che gli turbinano intorno e dentro.
Gage non è più lo stesso e quando la seconda tragedia esplode, pensiamo che ormai Louis ha imparato la lezione. E invece no. C'è quel "se" che è come un tarlo nella sua mente: e se per il suo bambino fosse passato troppo tempo? Forse sua moglie appena morta si risveglierebbe in altre condizioni...forse non tutto ciò che torna è marcio dentro... "E se ci provassi?".
E Louis ci prova di nuovo.
Ma il romanzo si interrompe lì, non sappiamo cosa sia successo subito dopo quelle parole piene di terra.
Il finale lasciato in sospeso è uno dei miei preferiti di sempre. E per una volta non immagino il disastro. Secondo me Louis ci ha visto giusto e col tempo riusciranno ad adattarsi a vivere insieme.
Mi chiedo solo cosa ne pensi Ellie, una bimba intelligente per i suoi sei anni, come tutti i bambini di King.
Anche in questo libro c'è tutto King: il Maine, l'infanzia, il terrore, l'amicizia e l'amore.
Il tutto è soffuso in una luce piuttosto disturbante, perché per tutto il tempo, anche se ti dispiace tantissimo per Louis che in fondo è una bravissima persona, ti rendi conto che le sue scelte sono sbagliate e che se non si ferma succederà qualcosa di orribile. Ma lui non si ferma e qualcosa di orribile succede, ma lui ancora non si ferma. Per questo spero tanto che la mia interpretazione sia quella giusta, che alla fine sia riuscito a farcela. Ma non ne sono sicura al 100%.
Leggete questo libro, anche se non mi sento di consigliarlo a persone troppo sensibili o impressionabili. Non è un libro per tutti, è macabro e colpisce dove fa in genere molto male.
Però è superbamente scritto e penso ne valga la pena.
Come sempre, grazie-sai King, per le tue storie e anche per come le racconti.
Anarchic Rain
Letto quattro volte. Due a decennio, più o meno. L'ultima volta lo scorso inverno, durante giornate freddissime, in gran parte su un treno che poi mi ha sconvolto la vita.
RispondiEliminaLa luce. La luce in questo romanzo è tutto. I toni di arancio che sfumano nel viola ametista di un tramonto freddissimo (subito prima della camminata con Jud e Church verso il vero cimitero dei MicMac), i bagliori verdastri di elettricità statica nella palude del Piccolo Dio, la luce giallo carico, densa come melassa e pesante come un sudario nella camera dove è esposto il feretro di Gage. La luce in questo romanzo ti colpisce: a volte ti schiaffeggia e a volte ti opprime ma ti segue sempre. Si spegne solo nel lugubre finale in cui caritatevolmente abbandona la scena.
Una prova di genialità.
King deve avercela con i colori freddi...il verde domina anche nel romanzo Tommyknockers-Creature del buio e in Dolores Claiborne...
EliminaL'ultima scena sfumata è forse il miglior finale dello zio, o almeno se ci penso a caldo non me ne vengono in mente altri così potenti...