mercoledì 12 giugno 2019

Per alcuni il braccio della morte è punizione, per altri liberazione

TITOLO: The Green Mile
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Pocket books
PAGINE: 536
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 8 e mezzo

Sometimes there is absolutely no difference at all between salvation and damnation. 



Nella Valle di Lacrime.
Eccoci qua, sono arrivata a uno dei libri più struggenti dello zio King.
Struggente? È così che si dice secondo voi quando si parla di qualcosa che vi ha catturato, strappato il cuore, incenerito l'anima e riso di voi nel mentre?
Esagero, dite?
I don't think so.

Ok, scherzi a parte.
La trama di questo libro dovrebbe essere ben nota a parecchi di voi, se non a tutti: anni Trenta in America, penitenziario di Cold Mountain, braccio E, ossia braccio della morte, ossia il miglio verde.
In  fondo al quale, implacabile, Old Sparky. Che attende.
Il libro è un racconto nel racconto,  una delle tecniche preferite da King e in cui, onestamente, dà il meglio di sé.
Raccontato in prima persona dal protagonista, Boss Edgecombe, è a prima vista un monologo tutto fatti e niente introspezione; a una lettura più attenta, invece, è semplicemente il manifesto più incredibile che sia mai stato scritto contro la pena di morte, che a noi sembra Medioevo, ma in moltissimi Stati americani purtroppo è ancora la realtà.

All'esecuzione capitale non c'è rimedio.

La storia nuda e cruda è composta da tanti pezzi di un puzzle che va componendosi pian piano davanti ai nostri occhi: Paul, i suoi amici e colleghi, Percy (stupido e cattivo, un connubio che a una guardia carceraria fa più male che bene), John Coffey (come la bevanda, ma scritto in modo diverso), Wild Will, Eduard Delacroix.
E ovviamente Mr Jingle.
Ognuno all'inizio è esattamente un singolo pezzo di puzzle, ognuno con la sua vita, le sue gioie, i suoi problemi, il suo mondo; mentre le pagine volano e le parole si rincorrono, i pezzi si uniscono creando, alla fine, ancora una volta, Vita.
Vita perduta: quella delle gemelle, di Coffey, di Wild Bill, di Percy.
Vita guadagnata: quella di Paul e di Mr Jingle, di Melanie, ma anche di tutti coloro che hanno assistito al miracolo (e non intendo solo i miracoli che John fa, ma quello che è lui stesso).

Sometimes we find others in that darkness, and sometimes we lose them there again. 

È una storia che parla d'amore, non quello prosaico tra due innamorati, ma amore per l'umanità intera. Non è nemmeno un amore ingenuo: si sa che le persone che non meritano questo amore esistono, e sono proprio loro quelle che vanno eliminate. Il problema è individuarle. Non è mica semplice, non siamo mica tutti come John.
Lì è l'inghippo.

Ancora una volta, quello che mi ha colpito tantissimo è stata la capacità incredibile di King di descrivere i cattivi: non solo la follia psichiatrica di Wild Hill, ma la cattiveria (che nasconde e nasce dalla sua omosessualità repressa) di Percy. Allo stesso tempo riesce a farti affezionare a un condannato a morte (Delacroix) che la prigione ha domato e forse redento.

Dovete leggere o rileggere questo libro: vi farà male, un male fisico, è vi sembrerà insopportabile. Ma sarà necessario: il processo che porta alla comprensione delle cose che contano è sempre doloroso.
Ma, dolore a parte, questo libro è un gioiello e non bisogna lasciarselo scappare.

Anarchic Rain

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