TITOLO: Seta
AUTORE: Alessandro Baricco
EDIZIONE: BUR
PAGINE: 100
VERSIONE LETTA: cartacea e kindle
VALUTAZIONE IN DECIMI: 7 e mezzo
E' uno strano dolore, morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.
Inizio a parlare di uno degli autori che amo di più. Perché proprio da questo brevissimo (di nuovo) romanzo? Non saprei. Forse perché è quello che mi ha attratto meno, tra gli altri, anche se è bello.
Come ogni romanzo di Baricco, Seta è una passerella di personaggi magnifici, a partire dal protagonista fino alla più insignificante comparsa.
Hervé Joncour è un uomo tranquillo, ha trentatré anni: uno che è capace di stare a guardare persino la propria vita. E' un mercante di bachi da seta per la sua città, la deliziosa Lavilledieu.
Helene è sua moglie.
Baldabiou è uno strano uomo senza età che gli ha insegnato tutto.
Hara Kei è un giapponese a cui Hervé Joncour si rivolge quando tutto sembra perduto.
E poi c'è la ragazza che sta con Hara Kei, occidentale, che non parla mai.
Madame Blanche è una prostituta giapponese di alto borgo, ormai naturalizzata francese.
Lavilledieu è un paesino che si fonda sul commercio della seta e quando un'epidemia dei bachi fa andare tutto a rotoli è necessario trovare una soluzione.
Baldabiou, uomo d'ingegno, spedisce Joncour in Giappone, dove si favoleggia ci sia la seta più bella del mondo. Joncour va e ritorna più volte, sempre con i bachi che gli servono ma con una malinconia tutta nuova nel cuore: volere qualcosa/qualcuno che non si può avere. Poi il Giappone viene sconvolto dalla guerra, lui ci torna lo stesso per rivedere la ragazza, ma rimane quasi ucciso per quello e non ci tornerà mai più.
La lievità è ciò che più contraddistingue questo piccolo romanzo. Le persone sono tratteggiate poco, a volte con frasi casuali, eppure noi le conosciamo bene, ci sembra di vederle proprio vicino a noi, che parlano (a bassa voce) e respirano (piano). Sono personaggi che non vorrebbero disturbare chi legge, ma in realtà siamo noi lettori a voler essere disturbati da loro, perché sono tutti così delicatamente affascinanti che non è possibile voltarsi semplicemente dall'altra parte.
Ho detto di Hervé che è un uomo tranquillo, ma non intendetelo in senso dispregiativo di "noioso". In realtà è un uomo interessante: ha i suoi segreti, ma non sa dire bugie, o meglio, l'ho sempre visto come uno che non ama ferire gli altri e che fa più sforzi di tutti per non farlo nemmeno involontariamente. Ama sua moglie, ma viene sconvolto dalla ragazzina occidentale che sembra essere l'animale domestico del potente commerciante giapponese. E questo sconvolgimento è dapprima solo mentale, poi in una sera silenziosa anche fisico (ma non completamente).
I tempi, le pause e le singole parole usate da Baricco per descrivere i sentimenti di Hervé sono precisi, senza sbavature e non ci sono parole superflue. Solo quelle che servono a dare l'impressione della scena.
Forse Baricco è il Monet della letteratura.
Il personaggio che preferisco è Baldabiou, ovviamente. E' un uomo misterioso, di cui non si sa nulla, comparso in quel paesino di punto in bianco con un sogno lieve come seta. Un uomo che non parla moltissimo, ma avrebbe molte cose da dire e a un certo punto, chissà perché, sceglie Joncour. Forse perché gli piace il suo stare a guardare la vita (anche la sua) come fosse alla finestra.
Mi piace moltissimo il suo giocare a biliardo contro se stesso (il sano contro il monco, perché giocava prima con due mani e poi con una mano sola), una sfida che porterà avanti fino alla vittoria (che sembra impossibile, eppure è) del monco. Cosa che segnerà l'addio di Baldabiou a Lavilledieu. Un vero peccato, per come la vedo io. E anche per come la vede Joncour, che rimarrà da solo. Loquace o no, Baldabiou era il suo unico amico.
Il secondo personaggio che mi piace molto è Helene, la moglie di Joncour. Una donna che all'inizio, per quasi tutto il romanzo, appare come sullo sfondo, ma poi si rivela forte e intelligente, che comprende a fondo il marito, i suoi discorsi come i suoi silenzi e sa perdonare, ma non dimentica.
A parte i personaggi e i luoghi e la lievità, la cosa più bella del libro è anche la più "falsa": la lettera che Helene fa scrivere al marito perché lui pensi che l'abbia scritta la donna "conosciuta" in Giappone. Dico falsa non perché non descriva sentimenti veri, anzi, solo che Joncour pensa che siano i sentimenti della donna giapponese e solo dopo la morte di Helene scopre che non è così. E' la moglie stessa che, desiderando di essere amata come pensa che il marito ami l'altra, scrive le parole che forse lui vuole sentire. Per tornare ad averlo solo per sé.
Lui, un uomo che non è mai stato sconvolto da nulla, la cui vita gli è passata davanti senza sobbalzi, ha conosciuto la nostalgia (e la passione, prima) con una donna che mai ha avuto e mai avrà e ha quasi bisogno che si metta un punto a questa sua follia. Se il punto arrivi con la lettera, Helene lo spera.
E la lettera è un capolavoro di sensualità.
Perché leggere queste pochissime pagine, cosa che non richiederà neppure un'ora del vostro tempo?
Per scoprire la meraviglia, come dice Baricco a fine libro, a proposito dei racconti di Joncour, e per scoprire che anche una vita lieve lascia il suo segno nel mondo.
Anarchic Rain
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