Togliamoci subito il pensiero. Questo libro è stupendo e va letto.
Ora vi dico la mia.
I libri di King sono famosi per l'introspezione psicologica dei personaggi, tra le altre cose. E sono famigerati per i finali spesso (troppo spesso) non all'altezza della storia che li precede.
Il protagonista di questo libro si chiama Johnny Smith ed è tra i personaggi più positivi di King. Positivi in senso assoluto. Non c'è niente che non ci piaccia di Johnny, non ci risparmiamo di soffrire per lui, per le cose che gli capitano. Gli vogliamo bene, come se fosse nostro fratello, nostro figlio, il nostro migliore amico.
E' terribile assistere al suo incidente (quello da grande, soprattutto) e ancora più terribile sentirlo "accartocciarsi" quando si risveglia e si accorge di aver perso quattro anni e mezzo della sua vita. Della vita dei suoi genitori, della vita della sua (quasi) ragazza, ormai sposata.
Ed è terribile renderci conto che ci sono cose che devono essere fatte e che lui ne ha il compito. Forse dio meriterebbe davvero una scrollata se esistesse, come dice Johnny. Se non altro, per il suo sadismo.
Il finale, contrariamente alle aspettative (scarse) è assolutamente potente. Il countdown di Johnny, il suo dolore (fisico) che incalza, la folla ignara. E' tutto perfetto, un finale degno, come pochi.
Tra le varie cose stupende del libro, ovviamente non posso non menzionare i richiami alle altre sue opere, in particolare a Carrie: non solo viene citato il libro da uno dei personaggi marginali, ma non avete pensato anche voi che la madre di Johnny fosse molto, molto simile a Margaret White, la madre di Carrie? La sua mania religiosa è troppo drammaticamente simile a quella dell'altra, anche se per fortuna lei ha Herb, suo marito, un marito che la ama nonostante tutto, che riesce a tenere a freno la sua mania e quando non ci riesce più lui interviene il destino. Eppure sono anche diverse, perché Carrie non poteva far altro che odiare sua madre, mentre Johnny la sua l'ha sempre amata, fino alla fine. Una differenza sostanziale, direi.
E che dire del riferimento alla Torre, quando la torre ancora in teoria non esisteva? Johnny alla fiera fatale, alla fine della sua giocata alla roulette (il Ka, dopotutto, è una ruota), punta tutto su un numero. 19. E vince. Ma perde, anche, e di brutto. Esattamente nello spirito della Torre.
La domanda che mi ronza in testa da quando ho iniziato il libro è: cosa farei io al posto suo? Riuscirei a fare quello che deve essere fatto? Avrei il coraggio di Johnny? Non penso, no. Più mi arrovello, più la risposta che mi appare nitida è NO. Non avrei il suo coraggio, nemmeno in punto di morte.
Leggete questo libro, ne vale la pena, pagina dopo pagina, parola dopo parola.
Anarchic Rain
martedì 20 settembre 2016
domenica 4 settembre 2016
Libri e settima arte. Parte II: Dracula
Immagine presa da Libreriamo |
Eccoci qui. Giusto questa settimana ho visto i dieci episodi dell'unica stagione di una serie TV che inspiegabilmente è stata intitolata Dracula.
Suppongo tutti conosciamo Dracula, quantomeno per sentito dire. Il vampiro dei vampiri, il terrore dei Carpazi, il galante, seducente e terrificante Conte, nato dalla geniale penna di Bram Stoker (non dalla geniale cinepresa di Francis Ford Coppola, come alcuni pensano). Insomma, lui.
Dimenticatevelo.
Avrebbero potuto dare alla serie qualsiasi altro titolo, che ne so, tipo Il vampiro perennemente in calore oppure Facciamo a chi è più stupido oppure Giro girotondo.
Ma giustamente perché non usare un nome famoso, per attirare pubblico?
Così è andata.
L'unica cosa gotica della serie è rappresentata dai costumi: tutti neri, quasi nessuno escluso, tranne l'abito di fidanzamento di Mina che è bianco (e già qui...). Le musiche ci provano ma non ci riescono e non riescono manco a sopperire la mancanza di pathos e tensione dell'intera produzione.
Veniamo alla vera nota dolente.
I protagonisti.
Evidentemente fan del film di Coppola (bello, per carità, uno dei miei preferiti, ma avete mai sentito parlare di originalità?), il regista ha deciso che anche in questo caso il nostro povero Conte sarebbe stato più drammaticamente drammatico se l'anima della sua povera e torturata moglie, nonché le sue sembianze, fossero rinate in una donna (dai, chiamiamola donna) del diciannovesimo secolo. Quindi ecco di nuovo Mina fotocopia di Ilona (sì, la moglie, per la quale un nome del genere non era evidentemente castigo sufficiente, ci voleva un rogo).
Sprizzo unico di originalità è affidato al motivo della vampirizzazione di Dracula: in due parole, l'hanno fregato gli inglesi. Quindi lui torna per vendicarsi.
E chi gli permette di tornare? Reggetevi forte: Van Helsing. Che ha un conto in sospeso con gli stessi suoi inglesi. A lui hanno solo bruciato casa, moglie e figli, senza vampirizzarlo. Che cu*o.
In tutto ciò, Harker è un giornalista spiantato di belle speranze (tutte completamente infrante, perché in realtà è un idiota patentato) che viene assunto da Dracula per pietà, nonché per tenersi vicina Mina.
E qui arriviamo al fior fiore della serie: invece che una semplice maestra (forse unico ruolo lavorativo permesso a una donna a quel tempo), è la più geniale promessa della medicina moderna, allieva di un certo Van. Come no.
Una delle cose più esilaranti sono i cattivi della situazione: non i vampiri, no, troppo facile. Un gruppo scoordinato e totalmente nonsense che si fa chiamare Ordine del Drago e che in teoria i vampiri dovrebbe ammazzarli. Il capo di questo gruppo è quello che ha bruciato casa e famiglia a Van Helsing e il vice è una donna che finisce a letto con Dracula in meno di 30 secondi dalla presentazione -.-
Ve l'ho già detto che per indebolire l'Ordine del Drago che si regge sul petrolio, Dracula decide di portare a Londra la LUCE (elettrica)? Sento ridere, ma vi giuro che è così.
L'unico personaggio veramente figo è Renfield, che ovviamente è il primo a schiattare. Ma porc.........!!!
Ah, dimenticavo: la serie non finisce perché è stata cancellata dopo la prima stagione.
Viene da chiedersi COME MAI.
Anarchic Rain
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