sabato 19 gennaio 2019

19 Gennaio 1809 - 19 Gennaio 2019: duecentodieci anni di Edgar Allan Poe

Nell'anniversario della nascita di uno dei più grandi scrittori di sempre, non potevo assolutamente lasciarmi scappare l'occasione di parlarne, soprattutto considerando quanto importante è stato nella mia "carriera" di lettrice. Grazie a lui ho conosciuto uno dei miei generi preferiti, ho conosciuto atmosfere malinconiche eppure attraenti, ho conosciuto l'amore non corrisposto e il dolore che provoca. Grazie a lui ho aggiunto un tassello al mio piacere di leggere.


Ho conosciuto Poe a 12 anni, grazie a una mia compagna di scuola, ma il mio primo libro (che non è nella foto qui sopra perché è distrutto e me ne vergogno abbastanza) l'ho comprato il 18 settembre del 1996, quando ne avevo 14, anzi tre giorni prima del mio compleanno.
Nell'antologia di scuola, avevo già letto Il corvo, la sua poesia più famosa, e quindi quel primo libro fu proprio la raccolta completa delle sue poesie con il testo a fronte in inglese.

Mi ricordo ancora oggi la prima che mi colpì tantissimo: Ad Elena. Mi colpì talmente tanto che gli ultimi versi me li sono tatuati, un po' come monito di vita:

Always write first things uppermost in thy heart


Sempre scriver prima quel che nel cuore hai più in alto

Grazie a lui, ho scoperto cos'è un acrostico, ho scoperto la bellezza di una poesia che può essere tenera, aulica, cupa e terrificante, ma anche dolorosa ed eternamente triste.

Poi, in un bellissimo giorno, mi hanno regalato il libro rosso che vedete in foto, che raccoglie l'opera omnia, e ho letto i racconti. Ne fui profondamente presa.
Il gatto neroIl cuore rivelatore, Berenice, La cassa oblunga, Il ritratto ovale, La maschera della Morte Rossa e, su tutti, La caduta di Casa Usher. Non riuscivo a credere che qualcuno potesse scrivere in quel modo magnetico, quasi magico.
Ovviamente quando sei adolescente la prima cosa è l'emulazione, e infatti tutti i racconti che scrissi in quel periodo erano proprio "gotici" sulla falsariga di Poe. Fortunatamente ho smesso di scriverne, ma la passione per questo grande e sfortunato personaggio è rimasta, insieme a una profonda ammirazione e alla tristezza per quella sua vita infelice.
Almeno nel passato, sembra che ogni "genio" artistico abbia dovuto soffrire le pene dell'inferno e non essere riconosciuto dai suoi contemporanei, per poi essere riscoperto in tempi relativamente recenti. Mi sono sempre chiesta come mai. Probabilmente la ragione è sempre la stessa: la paura. Non abbiamo solo paura di ciò che non conosciamo, ma forse soprattutto di ciò che non riusciamo a comprendere. 

In questa chiacchierata, vorrei iniziare dalle cose facili, ossia i racconti. Facili nel senso che non ho mai avuto dubbi su quale fosse il mio preferito, tra tutti: La caduta di Casa Usher
E ora che ci penso, la mia prima chiacchierata su questo blog è stata su un libro di uno scrittore abbastanza famoso (Robert McCammon) che è il "sequel" proprio di questo magnifico racconto. Metto la parola tra virgolette perché è chiaro come il sole che NON PUO' esserci un reale sequel al racconto originale.
Cos'è che mi ha colpito in questo e non in altri, tanto da farmelo preferire a mani basse?
La so!
Il senso di ineluttabile tragedia.
Fin dalla prima riga, si capisce che non ci sarà un lieto fine (sopravvalutatissimo, in my humble opinion di piccola satana), che tutto si ridurrà in polvere davanti ai nostri occhi e che non potremo farci proprio nulla. Questa immensa e oscura casa, lo stranissimo proprietario, la sua ancor più strana sorella: una simbiosi catastrofica ma attraente, distruttiva eppure magnetica.
E' un racconto di crescente follia fino al finale in un certo senso catartico: la casa crolla portando con sé gli ultimi discendenti di quella sfortunata famiglia.
Poe ha uno stile che a un lettore moderno può risultare "pomposo" e forse pesante, invece a me piace moltissimo, sia per la ricercatezza dei termini sia per la composizione della frase, spesso lasciata in sospeso, appesa sull'orlo di un precipizio.

Non posso mettermi a parlare di tutti i suoi racconti, perciò passiamo al difficile: le sue poesie.
Dico difficile perché non riesco mai a capire quale mi piace di più, ce ne sono troppe che mi commuovono, che mi fanno battere il cuore, che mi tolgono il respiro. Non fatemi scegliere.
Non parlerò de Il corvo, perché quella la conoscete tutti, non ha bisogno di presentazioni. Vi dico solo che il libro popup è bellissimo e, se potete, compratelo, ne vale la pena.
Invece vorrei segnalarvi Al Aaraaf, una poesia abbastanza lunga, forse anche un po' di difficile comprensione (sicuramente una prima lettura non è sufficiente per respirarne la vera grandezza) con riferimenti storici (o pseudo-storici) a volte evidenti, altre meno, ma comunque affascinanti. Lo stesso titolo è forse il rimando a una stella intravista nel 1500, più luminosa di Giove, e poi scomparsa.
E poi: Un sogno dentro un sogno (una delle più citate), La valle dell'inquietudine, Lenore, Una valentina, Per Annie e Annabel Lee.

In conclusione, quello che posso dirvi, in tutta onestà, è di leggere Poe. Se siete adolescenti va ancora meglio, perché siete ancora un po' "vergini" rispetto ai libri e magari vi sapete stupire di più.
A me ha aperto mondi interi.

Anarchic Rain

martedì 1 gennaio 2019

Morgan Lost di Claudio Chiaverotti

Quando guardi nell'abisso, l'abisso guarda in te. (Nietzsche)



Morgan Lost è una sorpresa per me. Non sono una fan del fumetto italiano, se si esclude Dylan Dog, perché non  mi piacciono le "storie infinite ", come quelle dei fumetti americani. Ma DyD soddisfaceva benissimo il mio bisogno di creepyness di adolescente appassionata di horror e ho iniziato a leggere ML proprio perché mi ricordava l'indagatore dell'incubo.
Già che ci sono, vediamo le affinità: Morgan è un uomo affascinante, con un passato tormentato che cerca di dimenticare lasciandosi coinvolgere in casi più tormentati; non ha un vero e proprio Groucho vicino, ma la sua amica e confidente dottoressa Pandora Stillman, che gli ha insegnato l'arte del profiler; non un commissario Bloch ma Regina Dolarhyde, una poliziotta in carne e dalla battuta pronta (che lo chiama bell'uomo invece di old boy); un amore perduto e ovviamente incubi.

La prima serie è composta da 24 numeri e ognuna è una storia a sé, con alcuni particolari che creano un filo conduttore.
Il primo numero, L'uomo dell'ultima notte, è perfetto: ci introduce al protagonista, un cacciatore di taglie, ci fa intravedere il suo passato, il suo presente, i suoi amici, le sue abitudini. Con un finale da paura, che ti cattura immediatamente, che ti fa venir voglia di leggere subito il numero successivo.
Morgan è daltonico quindi noi lettori vediamo il mondo così come lo vede lui, grigio con particolari rossi. Soffre d'insonnia da quando la sua vita è cambiata. Diventare un cacciatore di taglie è una conseguenza naturale dopo la tragedia che ha visto protagonista lui ma soprattutto il suo grande amore perduto, Lisbeth. Ha nuovi amici, una nuova casa (dentro un orologio, ironia della sorte), un nuovo lavoro. Il suo hobby, ma forse hobby non è la parola giusta, diciamo il suo rifugio è un cinema che trasmette film horror/splatter che lo aiutano a riflettere o a lasciarsi andare.
Morgan ha i suoi incubi che lo perseguitano: fantasmi dei serial killer che ha ucciso e che si presentano ogni notte a lui, come manifesto delle sue azioni.
Il mondo in cui Morgan vive è un mondo distopico, in cui non è esistita una seconda guerra mondiale, perché la spia Marlene Dietrich ha ucciso quel bastardo di Hitler nel 1937. Ma non è certo un mondo migliore del nostro, forse perché alla fine l'uomo trova sempre il modo per rovinarlo. In questo mondo ci sono le sexy news, in cui la conduttrice si spoglia nuda mentre dà le notizie, oppure il programma con la classifica dei serial killer, in base alla taglia sulle loro teste.
Questo è lo sfondo per ogni singola storia, che nonostante sia autoconclusiva contiene sempre una sottile scia rossa che la collega alla precedente e alla successiva.

La seconda serie, quelle delle "dark novels", è costituita da dieci numeri, e il numero 0 è la storia di Morgan, così come l'abbiamo intravista, ma approfondita (ripresa poi nel numero 9, l'ultimo e forse uno dei più belli di entrambe le stagioni). Sono molto più crude rispetto alla prima serie, Chiaverotti ha osato di più e il filo conduttore non è più solo un filo, ma la trama intera. Una volta finite di leggere le dark, sono certa che non starete nella pelle (come me) e vorrete leggere subito la prossima stagione, ossia le "black novels", in edicola da gennaio. Io le aspetto con trepidazione.

Tralasciando da parte gli ovvi, ossia i personaggi principali, ce ne sono due che mi hanno colpito molto.
Il personaggio femminile (che spero approfondiranno ancora) è Igraine, una cacciatrice di taglie, amica di Morgan. Uno dei numeri è focalizzato su di lei, su chi era prima di diventare quello che è, il suo passato tremendo, il suo dolore quasi atavico. Fortunatamente hanno pensato al suo riscatto, almeno per quanto riguarda la sua infanzia e i suoi scheletri nell'armadio. Adesso dovranno "risolvere" in qualche modo il suo rapporto con Morgan. La trovo affascinante, proprio perché è un miscuglio di fragilità e acciaio.
Il personaggio maschile invece, sorprendentemente, è Smiley. Il piccolo mafioso con le mani in pasta ovunque, con il suo atipico animale domestico, un coccodrillo albino. E' un ometto buffo, egoista, ma sembra affezionato a Morgan, quasi come un fratello maggiore o un padre. Mi è simpatico, nonostante tutto.

In ML ci sono innumerevoli riferimenti alla letteratura di genere, ma non solo. Moltissimi nomi reali sono utilizzati per personaggi fittizi, spesso agli antipodi con i loro originali (Albert Einstein è uno scrittore e il suo romanzo più famoso parla di come Hitler non sia stato ucciso ma abbia provocato effettivamente la seconda guerra mondiale; Terrence Quentin è un regista di culto, esattamente come il "reale" a cui il suo nome è evidentemente ispirato); riferimenti al cinema (adoro la scena-omaggio a Qualcuno volò sul nido del cuculo e quella a Melancholia, due dei miei film preferiti); omaggi ad altri fumetti italiani (mentre Morgan è al cinema, davanti a lui si vedono le inconfondibili sagome di Dylan Dog e Groucho); omaggi a Stephen King, il re dell'horror, fin dal primo numero, con quel "babau" che spaventa Morgan fin da bambino.
E potrei andare avanti per ore.

ML tocca anche temi d'attualità: la pena di morte, lo stalking, il femminicidio, l'inadeguatezza sociale, l'omologazione.
E' inquietante come questa società distopica che non ha ancora conosciuto i social, il cellulare come forma di status symbol (nonostante ci sia già chi si fa i selfie con i cadaveri), rispecchi profondamente la nostra, a un altro livello. E' come se ci dicesse che l'uomo non ha bisogno di nessun device per essere quello che è: una stupida scimmia. In fondo c'era da aspettarselo, evoluzionisticamente parlando: il progresso non serve a migliorarci come umanità, noi siamo gli stessi che a Neanderthal, serve soltanto a darci nuovi metodi e/o spunti di autodistruzione.

L'autore di ML non è solo capace di descrivere ogni situazione nel modo più reale possibile, ma ci offre uno spaccato psicologico da serial killer non indifferente. Un approfondimento del genere che ti coinvolge così tanto, a 360°, è raro, per non dire unico.
Basti pensare a Morgan: è abbastanza semplice (e semplicistico) creare un cacciatore di taglie con un passato tormentato. Ma dargli uno spessore come quello che effettivamente possiede, acquisito via via che i numeri scorrono, non è uno scherzo. Morgan passa da vittima a carnefice, da amante ad amico, da sano a disturbato in un'altalena di ruoli ed emozioni che forse possono sembrare strane o esagerate ad elencarle così in fila, ma leggendole sono perfettamente logiche. E' questa una delle gemme di ML: la coerenza. Nessuno dei personaggi, pur cambiando in base agli eventi, tradisce se stesso, la sua anima più vera e quindi noi li troviamo estremamente verosimili e riusciamo a immedesimarci.

Ultimi ma non ultimi, i disegnatori di ML: bravissimi. Ci sono alcuni che mi sono piaciuti più e altri meno, ma penso sia questione di gusto: chi preferisce un disegno più pulito, chi uno più graffiato, chi uno particolareggiato e chi uno essenziale. Posso solo dire che ce n'è per tutti. L'importante ovviamente è che il disegno rispecchi la natura della storia di base e qui succede sempre.

Non vi racconto trame e sottotrame, sarebbe un delitto, è troppo bello leggerlo e scoprirlo da sé.
Posso solo consigliarvi di prenderlo e lasciarvi catturare da quest'incubo a occhi aperti, da cui sarà bello svegliarsi, alla fine. O forse no.

Anarchic Rain