giovedì 14 dicembre 2017

King a uno dei suoi massimi livelli, che parla di dipendenza e di sopravvivenza

TITOLO: Misery
AUTORE: Stephen King
EDIZIONE: Viking
PAGINE: 310
VERSIONE LETTA: kindle 
VALUTAZIONE IN DECIMI: 9

The Goddess never dies.



Un po' di goliardia: Paul Sheldon, il protagonista di King che non pensa ad altro che uccidere donne. Prima Misery, l'eroina della sua serie di romanzetti per casalinghe disperate, poi Annie, la sua aguzzina.
Un personaggio, Paul, che è un po' la prostituta per eccellenza: prima si vende a Misery per fama e soldi, poi ad Annie, per rimanere in vita. Poi rischia di morire a causa di entrambe.
Detta così, uno sfigato insomma. Ok, Paul Sheldon non mi è mai stato simpatico, non ho mai fatto il tifo per lui (ma nemmeno per Annie, ci mancherebbe) e non ho gioito alla fine del libro (non per lui, comunque).
Quindi di che parliamo? Io direi che parliamo di un grande romanzo, che non ha necessariamente bisogno di protagonisti amabili e antagonisti eccitanti per esistere, ma che si fa "vita" intorno a due persone reali e malate.
Anche Paul è malato? Secondo me sì.

Ora andiamo nel dettaglio (serio).

Misery è un romanzo sulla dipendenza e già solo per questo dovrebbe essere letto davvero da tutti. Non è assolutamente facile parlare di questo argomento o scriverne, ma King può farlo, perché lui non ci è solo passato, ma in quel periodo ancora ne era schiavo. Droghe, alcol, non faceva distinzione (per sua stessa ammissione). Misery è forse un tentativo di esorcismo.
Annie è droga, è un'ossessione, è dipendenza allo stato puro: Paul dipende da lei in tutto, la sua vita, il suo benessere fisico e mentale dipendono da lei, da come si sveglia la mattina. E' la sua luna e la luna sulla Terra esercita molti effetti: il più visibile di tutti sono le maree. L'acqua si allunga verso di lei, poi si ritira fin quasi a seccarsi totalmente, poi ritorna, quando lei ritorna. Un movimento affascinante, ma per Paul è anche terrificante. Menomato, impossibilitato a muoversi, può contare solo su di lei, sua dea, che come tutti gli dei dell'Olimpo è irascibile, lunatica (scusate il gioco di parole) e molto, molto permalosa. Però pensa di essere gentile o almeno pensa di farcelo credere. I sorrisi, gli "I love you, Paul", le sorprese culinarie: tutto è teso a raggirare il povero drogato che pende dalle sue labbra; il drogato non ci casca da un punto di vista intellettuale, ma dal punto di vista fisico non può farne a meno.
Paul dimostra una grande forza di volontà quando finalmente si libera di lei. E lo fa nonostante grazie a lei sia riuscito a scrivere il romanzo più bello della sua carriera (fino a quel momento, almeno).

Quello che io penso, e che in parte ha causato il mio folle innamoramento per questo libro, è che il secondo tema più importante, dopo la dipendenza, sia l'amore. Non l'amore tra due persone, quello è piuttosto ballerino, non si sa mai quanto durerà, cosa si porterà via e quali cocci ci lascerà. No, l'amore per la scrittura. E lo zio questo amore lo conosce molto, molto bene.
Ci sono volte in cui mi chiedo se quello che davvero lo ha tirato fuori dai guai nei suoi confusi anni '80 non sia stato lo scrivere. Lui ha sempre ringraziato la sua famiglia e sono certa che loro debbano averne sopportate di cotte e di crude da lui, in quel periodo. Ma gli sono rimasti accanto e certamente questo ha contato tanto. Ma quello che mi frulla in testa, e quando leggo Misery non posso che trovarne la conferma, è che in realtà sia stato il suo grande, infinito, perenne amore per la scrittura.
Domande che rimarranno insolute, lo so.

Perché leggere questo romanzo?
E' una storia cruda di quello che può succedere a tutti, se in un momento di debolezza lasciamo che siano le nostre ossessioni a governare la nostra vita. E' un monito e non riguarda solo la dipendenza da droga o alcol. Tutte le dipendenze sono sbagliate, quali che siano i motivi. Guardatevi dalle dipendenze, guardatevi dagli dei.

Anarchic Rain

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