giovedì 4 agosto 2016

L'uomo che scambió sua moglie per un cappello di Oliver Sacks

Che il cervello sia uno degli organi più belli che il corpo umano abbia in dotazione, lo sapevo già dal primo giorno di studio di Anatomia Umana 3. Ora sono un patologo e penso la stessa cosa.
Da quando due giorni fa ho letto questo libro, ne sono assolutamente convinta.



Ho iniziato questo libro a scatola chiusa. Non sapevo di cosa trattasse, né chi fosse l'autore anche se un campanellino mi suonava nella mente.
Ebbene è l'autore di Risvegli, da cui è stato tratto un film famosissimo con Robert De Niro (strappalacrime, da piccola lo sapevo a memoria). È un neurologo e in questo libro parla di alcuni suoi pazienti con deficit cognitivi di ogni genere.

Un appunto: forse come saggio è un po' difficile da leggere per chi non è del mestiere,  ma credo che il senso generale sia comunque chiaro.

Prima di tutto, il dottor Sacks scrive benissimo. Sa raccontare una storia (e anche più di una). Ha senso dell'umorismo e sa rispettare i suoi pazienti, questa è la cosa fondamentale.
Il libro è suddiviso in quattro parti tematiche, in ciascuna delle quali racconta brevi episodi "patologici" incontrati nel corso della sua carriera.
Nel primo gruppo, Perdite, alcuni episodi sono anche molto comici: il signore protagonista del racconto che dà il titolo al libro è un signore simpatico che non riconosce né sua moglie né il suo piede, scambiando l'una per il suo cappello e l'altro per la sua scarpa. Ma al di là di questi "piccoli" intoppi non ha problemi nella vita di ogni giorno. Oppure Il marinaio perduto, Jimmie, affetto da sindrome di Korsakov ma inconsapevole di esserlo, per sempre incatenato a 22 anni pur avendone una cinquantina. O ancora l'uomo che cade dal letto perché vede la sua gamba come qualcosa di estraneo e cerca di gettarla via (gettando via anche se stesso!).
Quello che mi ha stupito è che le persone descritte sono (o sono state) molto intelligenti, argute, spiritose, che hanno dedicato la loro vita a qualcosa di bello (la musica per esempio). Persone che ad un certo punto hanno subito un "intoppo" neurologico, di natura vascolare o altro, che li ha resi "strani" agli occhi del mondo profano e "particolari"/"interessanti" dal punto di vista di un luminare neurologo.

Nel secondo gruppo, Eccessi, si parla del contrario,  non della perdita di una funzione, ma dell'acquisizione di un'altra, per esempio un tic. O molti tic, propri della sindrome di Tourette. Così conosciamo Ray che durante la settimana, sotto effetto dei farmaci, è una persona quasi normali, con qualche tic, durante i weekend è un virtuoso della batteria "grazie" alla sua sindrome.

Il terzo gruppo si chiama Trasporti le cui storie ci narrano di persone che sono trascinate da qualcosa dentro di loro: ricordi, emozioni, sensazioni. Per la prima volta ho sentito l'espressione "epilessia musicale", ossia musica ossessiva che "esplode" all'improvviso nella mente del paziente, dovuta spesso (o soltanto) a un ictus del lobo temporale. Tra parentesi, questa parte mi ha permesso di capire anche la fine di Pekish in Oceano mare di Baricco.
Quello che più sconvolge, perlomeno sconvolge me, è la diversa espressione da persona a persona di uno stesso disturbo cerebrale (nello stesso segmento encefalico): nel caso dell'epilessia musicale, per una signora è fonte di gioiosa nostalgia (tanto che quando ne guarisce si sente sola e triste, ma felice di aver avuto l'episodio ischemico che l'ha portata ad averne), per un'altra è solo fonte di distress, una cosa innaturale, che va curata assolutamente.

La quarta parte ci illustra Il mondo dei semplici, cioè di coloro che "non hanno mai conosciuto l'astratto, non ne sono mai stati sedotti". La parte più dolce, secondo me. Non so il motivo, ma nell'immaginario comune (o meglio, in quello in cui sono nata e cresciuta), i minorati mentali sono persone più tenere, più dolci e più indifese degli altri. Il che è vero per certi aspetti della vita quotidiana, ma per altri può non essere così. Ci sono persone dal QI più basso (o molto più basso) della norma che "danno una pista" al più intelligente dei "normali". C'è chi ha un animo poetico, chi artistico o musicale, chi addirittura matematico. Forse potremmo imparare da loro a sviluppare quei lati della nostra personalità che vanno persi per chissà quale ragione; o, se proprio non a svilupparli, ad ammirarli lo stesso.

Al di là dell'argomento forse un po' ostico per alcuni, è un libro molto piacevole, scorrevole, insieme divertente e spaventoso e triste. E' un libro che ci mostra una realtà che spesso non si conosce, se non per motivi familiari o lavorativi. Inoltre bisogna considerare che la prima edizione è avvenuta nel 1985, e a quell'epoca i disturbi del cervello erano un mistero se non proprio una vergogna. Con il passare dei decenni si è data dignità anche questa classe di patologie, per fortuna, ma è stato bello fare un viaggio nel passato e leggere (quasi vivere) l'impegno di un medico per i suoi pazienti. Impegno che spesso e volentieri andava al di là dell'ospedale: per esempio quando, per capire meglio il disturbo che un paziente aveva, andava a trovarlo a casa sua, per vederlo nel suo ambiente, oppure chiamava o scriveva a un suo collega per discutere il caso.

Da medico, posso affermare che quando uno ha un paziente di fronte ha sempre una cosa in mente: farlo stare bene; però ci sono modi e modi di farlo. E Sacks trent'anni fa ha decisamente azzeccato il modo.

Anarchic Rain

2 commenti:

  1. Ad Agosto leggevamo lo stesso libro e non lo sapevamo! Dopo anni passati a metterci d'accordo :-D

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    1. Incredibile! Il book club c'era anche inconsapevolmente!! XD

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